Pellegrinaggio giubilare della diocesi di Adria-Rovigo

Sulle orme dei primi cristiani per un futuro di comunione e solidarietà

 Sulle orme dei primi cristiani  per un futuro di comunione e solidarietà   QUO-154
05 luglio 2025

di Lorena Leonardi
e Jacopo Mancini

«La speranza è fondamentale in un contesto globale dove la pace è sempre meno presente. Ispirandoci al passato, sappiamo che la Chiesa può costruire ancora oggi un futuro di comunione e solidarietà tra i popoli». Commenta così il vescovo Pierantonio Pavanello il pellegrinaggio giubilare intrapreso dalla diocesi di Adria-Rovigo nei giorni scorsi.

Oltre 130 fedeli si sono messi in viaggio dal Veneto, guidati dal loro pastore e accompagnati dal responsabile del pellegrinaggio don Guido Lucchiari e altri sei sacerdoti. Il programma prevedeva l’attraversamento delle porte sante delle quattro basiliche papali maggiori, la visita all’abbazia delle Tre Fontane — dove secondo la tradizione avvenne il martirio dell’apostolo Paolo — e al santuario della Divina Misericordia, nel complesso di Santo Spirito in Sassia.

Ancora, un percorso dalle catacombe di San Sebastiano a quelle di Santa Domitilla: qui, dopo la professione di fede, l’apertura ufficiale del pellegrinaggio con la riconferma del “patto delle catacombe”, un richiamo all’impegno sottoscritto dai 57 Padri conciliari che nello stesso luogo, il 16 novembre 1965, al termine del Concilio Vaticano II, promisero di vivere secondo lo spirito evangelico e conciliare per essere una Chiesa «serva e povera».

Specialmente dai luoghi delle «origini della comunità cristiana» è possibile trarre ispirazione per vivere nell’odierno mondo “pagano”, prosegue il presule, evidenziando come la dimensione comunitaria aiuti nella «riscoperta della fede» e nella volontà di «andare sempre più in profondità», abbandonando la superficialità «per cercare piuttosto ricchezza di spirito, rivolti a Dio».

La testimonianza dei primi cristiani e il ricordo dei loro «rituali e significati» ha impressionato Paola Formiglio, della commissione diocesana per la tutela dei minori. «Ho compreso come la Chiesa si sia resa protagonista di un processo evolutivo e, al contempo, sia riuscita a caratterizzarsi per una continuità che fa dell’interazione il suo valore principe».

La donna, che ha preso parte al pellegrinaggio insieme al marito, crede che l’esperienza abbia «posto le basi per un futuro di comunione e misericordia» anche all’interno della comunità, non intesa «in senso stretto» piuttosto come «comunità universale» capace di «abbracciare chi ne fa parte, ovunque egli sia».

In questo senso anche le visite alla basilica Vaticana e a quella Ostiense hanno assunto per lei «un valore particolare»: i due apostoli Pietro e Paolo, nonostante le «fondamentali differenze» che li caratterizzavano, rappresentano «oggi più che mai un modello di unione e vicinanza» e un valido spunto per «riflettere sulla contemporaneità, in un momento dove appare più complesso che mai riconciliare e appianare le divergenze», conclude.

Di un cammino giubilare «particolarmente atteso» e «carico di aspettative» parla don Alberto Rimbano: l’itinerario in preghiera lungo via della Conciliazione, «tutti insieme» dietro alla croce lignea dell’Anno Santo, è stato per il sacerdote l’occasione «per affidare a Dio le nostre vite e quelle di chi non ha avuto la possibilità di partire per Roma». Verso costoro in particolare il prete sente il «dovere» di restituire la speranza percepita durante l’attraversamento delle porte sante, «specie quella di San Pietro», culmine di un pellegrinaggio «difficile a causa delle temperature elevate», ammette, ma comunque «indimenticabile».