Il Giubileo delle Famiglie del Preziosissimo Sangue
Pellegrini in cammino

di Lorena Leonardi
e Rosario Capomasi
«C’è abbastanza denaro per le armi, ma non abbastanza per il cibo, l’alloggio, le medicine e l’istruzione. La discriminazione, la disuguaglianza e la manipolazione degli esseri umani sono contro l’alleanza nel sangue di Gesù». Un monito forte, quello lanciato stamane, martedì 1 luglio, dal cardinale Luis Antonio G. Tagle, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, nell’omelia della celebrazione eucaristica presieduta nella basilica Vaticana davanti ai partecipanti al Giubileo delle famiglie religiose e dei movimenti laicali del Preziosissimo Sangue. Iniziato ieri e in conclusione oggi, l’evento dell’Anno Santo coinvolge i devoti del Preziosissimo Sangue di Gesù provenienti da tutto il mondo, riunitisi nella significativa concomitanza con la solennità della devozione a cui diede impulso nel XIX secolo san Gaspare del Bufalo.
A lungo Tagle si è soffermato sul concetto di alleanza, «non presa sul serio» in un mondo in cui le divisioni «raggiungono proporzioni distruttive, disumanizzanti e violente». Dunque il porporato ha focalizzato la sua riflessione sulla prima lettura dall’Esodo, che ricorda come l’alleanza tra Dio e Israele sia «essenzialmente una relazione personale composta da livelli diversi ma collegati». Ed ecco che nel sangue di Gesù si compie «una nuova e perfetta alleanza»: Dio assicura che «non ci abbandonerà mai» e l’essere umano gli giura piena fedeltà «in nome dell’umanità e della creazione».
Poi, dalla lettera di San Paolo agli Efesini emerge un altro «aspetto importante della nuova alleanza nel sangue di Gesù», ossia «la nascita di una nuova comunità riconciliata». Infatti, nella persona di Gesù, i discepoli di diverse nazioni e culture «non sono più estranei, ma concittadini e membri della stessa famiglia». Nessuno, ha concluso Tagle, deve essere trattato «come un estraneo o una minaccia o un capro espiatorio», ma «come un vicino, un fratello e una sorella».
Prima di raggiungere San Pietro, i fedeli hanno compiuto il pellegrinaggio lungo via della Conciliazione per attraversare la Porta Santa della basilica Vaticana.
I cappellini e gli zaini rossi, sempre più numerosi, si sono raggruppati velocemente: dopo una preghiera, si è levato un canto e, dietro alla croce giubilare, è iniziato il cammino verso San Pietro. È qui che i coniugi Anna Rita e Fabrizio, da 40 anni animatori liturgici nella parrocchia del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, al Tuscolano, hanno raccontato la loro vita interamente dedicata a Cristo. «Abbiamo vissuto, con questo, ben tre Giubilei e ognuno di essi è stato un momento per vivere la fede ancora più intensamente», ha spiegato Anna Rita. «E il tutto insieme a persone provenienti da ogni parte del mondo, con le quali condividere le gioie e i dolori, lo scambio reciproco di fraternità per mettere a disposizione degli altri quei grandi doni che Dio ci ha dato». Doni di cui ha beneficiato Olga, 60 anni, venezuelana, che ha spiegato come il pellegrinaggio giubilare sia per lei un invito a «sostare». «Sì, a fermarsi e a guardare dentro di noi per fare il punto della situazione, chiedendoci: “Che cosa ho fatto per gli altri fino a oggi? È sufficiente o devo sforzarmi di più nell’andare incontro al prossimo, sacrificandomi se necessario?”. Una volta trovate le risposte, possiamo ripartire con una più forte speranza in un mondo migliore».
«Mentre ci mettiamo in cammino, portiamo con noi il peso e le sofferenze dei parrocchiani che non sono con noi, il dolore del mondo, ma anche le gioie di tanti e le speranze di tutti. Con la nostra testimonianza seminiamo la presenza di Dio», ha affermato don Das, di origine indiana ma a Bari da 13 anni. Dal capoluogo pugliese sono partiti in oltre cento fedeli per prendere parte alla koinè, l’incontro annuale della Famiglia del Preziosissimo Sangue.
In viaggio dall’alba, invece, i circa 50 pellegrini provenienti da Sonnino, in provincia di Latina, hanno cercato un po’ di riparo dal caldo già opprimente negli spazi d’ombra di piazza Pia. Erano parrocchiani di San Michele Arcangelo, una comunità missionaria gestita dai religiosi del Preziosissimo Sangue. Quest’Anno Santo è per loro particolarmente significativo perché ricorre anche la festa giubilare di Maria Santissima delle Grazie in Sonnino: un’icona «a cui siamo particolarmente legati», ha spiegato Davide, 23 anni, impegnato in un percorso rivolto ai giovani e convinto che sperare sia oggi «essenziale». Credere può essere «una vera sfida», specialmente per un ragazzo: «Penso a Gaza, all’Ucraina, ai giovani come me che combattono, e allora sperare non è un’opzione, è un passo obbligato», ha detto. Il più giovane del gruppo, partito dal basso Lazio, ha solo 9 anni: «Questo è il mio secondo pellegrinaggio, perché ho già partecipato al Giubileo della mia diocesi, il 30 maggio scorso — ha raccontato —. È stato bellissimo, e oggi sono tornato qui con mia nonna: quando finisce la scuola passo l’estate con lei, e per me è un grande dono poter attraversare di nuovo la Porta Santa della basilica Vaticana insieme».
Quella della basilica Lateranense, invece, era stata varcata già ieri, in occasione della veglia presieduta in San Giovanni dal cardinale Baldassare Reina, vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma.
L’appuntamento si è inserito tra le iniziative della koinè ed è stato arricchito da testimonianze. Come quella di Manuela, di Monaco di Baviera, la voce rotta dall’emozione mentre raccontava della sua adolescenza turbolenta, dell’uso di droghe che l’hanno portata ad abbandonare la Chiesa fino all’incontro con una persona che l’ha invitata a partecipare a un seminario sullo Spirito Santo. Da lì una crescita spirituale continua e il nuovo «incontro» con Gesù, durante un ritiro con le suore del Preziosissimo Sangue dove ha scoperto la pratica del rosario che ha radicalmente cambiato la sua vita.
Anche la tanzaniana Martha si è commossa rievocando come, fino al 2023, era «persa nella disperazione», in lutto per i genitori, separata dal suo unico figlio e «completamente sola». L’incontro con don John, sacerdote della famiglia spirituale cara a san Gaspare del Bufalo, ha segnato per la donna l’inizio di una nuova vita: «Sono stata ascoltata con profonda compassione, cosa che non provavo da anni. Invece di essere giudicata, ho trovato una guida». Dopo 40 anni, Martha è tornata alla Confessione, che le ha regalato «un senso di liberazione travolgente, come se mi fosse stato tolto un peso schiacciante. L’incontro con la comunità — ha concluso — non mi ha solo cambiata, mi ha salvata. Ora vivo con speranza, sapendo che c’è sempre redenzione, guarigione e vita nuova».
Infine, hanno raccontato la propria storia anche le suore del Preziosissimo Sangue che vivono nella diocesi di Yangon, in Myanmar. Nel Paese del Sud-est asiatico, dopo il colpo di Stato militare del 2021, «si combatte e si muore, ma pochi ne parlano nel mondo», hanno spiegato le religiose che patiscono, insieme al loro popolo, la «situazione di crisi politica, di miseria e di fede». Oltre a condividere «le sofferenze, le preoccupazioni e le povertà delle famiglie», le suore sostengono i malati e vivono accanto ai giovani che lottano per la giustizia e la pace anche a costo della propria vita.