
Pubblichiamo in una traduzione dall’inglese il messaggio inviato a Leone XIV da Sua Santità Bartolomeo, Patriarca ecumenico, il 29 giugno, in occasione della solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.
Santità, Caro Fratello
nel Signore,
È con profonda gioia, Santità, che, nel primo anno del suo pontificato, le inviamo questo saluto nella festa della Chiesa di Roma, la solennità dei Capi degli Apostoli Pietro e Paolo. Le inviamo, Santità, questo saluto attraverso la nostra Delegazione Patriarcale, costituita da sua Eminenza l’Arcivescovo Metropolita Anziano Emmanuel di Calcedonia, il Reverendissimo Gran Ecclesiarca Atios, Direttore dell’Ufficio Patriarcale Privato, e il Reverendissimo Gran Sincello Hieronymos.
Continuiamo a piangere la dipartita del suo predecessore, l’indimenticato Papa Francesco — con il quale abbiamo condiviso tanto — e al contempo guardiamo al suo nuovo ministero, Santità, con attesa e speranza. Per grazia di Dio, molto è stato fatto mentre camminiamo umilmente insieme sul sentiero del dialogo verso la pienezza dell’unità. Il nostro reciproco scambio di saluti per le feste patronali delle nostre rispettive sedi è un tale segno di questo dialogo nell’azione: un dialogo di amore, verità e di pace.
Ci siamo sentiti scaldare il cuore quando abbiamo appreso il suo motto, Santità, tratto dal grande Padre della Chiesa Sant’Agostino, caro a lei e a noi: In Illo uno unum. Lo accogliamo come segno prezioso della sua sete di unità cristiana, Santità, basata su una visione profondamente patristica dell’ecclesiologia, che scaturisce dalla fonte del Nuovo Testamento stesso e, in particolare, dagli scritti dell’Apostolo Paolo, la cui memoria celebriamo così gelosamente oggi. È questa la visione che anima il dialogo ufficiale tra le nostre Chiese e che continua a dare tanti frutti. La Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico, dopo avere pubblicato ad Alessandria, nel 2023, una dichiarazione concordata intitolata Sinodalità e Primato nel secondo millennio e oggi, sta lavorando diligentemente per giungere a dichiarazioni concordate sulle questioni che storicamente ci hanno più divisi. Il fatto che il nostro dialogo sia ora in grado di affrontare tali questioni in uno spirito di pace e di carità è di per sé un ulteriore segno del progresso che stiamo compiendo verso l’unità.
Nel suo Discorso 295 Sant’Agostino predica in modo molto ispirato su questa sacra solennità, che al suo tempo era già diventata comune. Facendo eco ai suoi sentimenti espressi altrove e abbracciati da lei, Santità, egli ci dice che celebriamo un “Unico […] giorno della passione per i due Apostoli. Ma anche tutt’e due erano una cosa sola” (Discorso 295, 7). Con queste poche parole il grande santo riassume il significato della doppia commemorazione: non solo Pietro, né solo Paolo, ma Pietro e Paolo insieme, poiché nell’unico Cristo sono una cosa sola. Quando Pietro viene scelto da nostro Signore, lo scopo è legato unicamente al servizio dell’unità: “quando Cristo si rivolge ad uno solo, vuol dare risalto all’unità” (Discorso 295, 4). Sant’Agostino esprime benissimo l’intima connessione tra primato e sinodalità, l’uno e i tanti, nella vita della Chiesa.
In quella stessa omelia, Sant’Agostino ci esorta così: “Celebriamo il giorno festivo reso sacro per noi dal sangue degli Apostoli. Amiamone la fede, la vita, le fatiche, le sofferenze, le testimonianze, le predicazioni. Facciamo infatti progressi attraverso l’amore” (Discorso 295, 8). All’alba del suo pontificato, Santità, ammantato com’è di un amore e una devozione speciale per questo grande santo, prendiamo le parole di Sant’Agostino come profetiche per il nostro tempo e compito. Il vero progresso verso l’unità alla quale aneliamo avverrà solo attraverso il nostro amore, e la conseguente imitazione, di questi altissimi santi di Dio, i Capi degli Apostoli Pietro e Paolo.
Santità, carissimo fratello Leone, siamo nel bel mezzo della commemorazione del 1700° anniversario del primo Concilio ecumenico che si è tenuto a Nicea nel 325, un tempo opportuno in cui essere uniti “per la fede, che fu trasmessa ai santi una volta per sempre” (Giuda 3). La fede proclamata a Nicea è la fede di Pietro e Paolo, la fede dei successivi Concili ecumenici e dell’intera Chiesa di Dio. In questa luminosa occasione ci viene ricordato il famoso episodio accaduto durante il quarto Concilio ecumenico tenuto a Calcedonia nel 451, quando i Padri conciliari, ascoltando il Tomo composto dal suo memorabile predecessore San Leone Magno letto ad alta voce, esclamarono con una sola voce: “Pietro ha parlato attraverso Leone”. In questo tempo tragico “di guerre e di rumori di guerre” (Matteo 24, 6), di crisi ecologica, confusione religiosa, e ansia diffusa, preghiamo ferventemente perché nella nostra ricerca comune per proclamare la fede salvifica di Nicea, che altro non è che la fede cristiana, il suo ministero, Santità, possa essere sempre ispirato e mosso dallo stesso Spirito che ha mosso il suo predecessore e patrono celeste. Allora, con i frutti dello Spirito manifesti attraverso la sua persona, risuoni ancora una volta gioiosamente l’acclamazione del passato: “Pietro ha parlato attraverso Leone”.
Dal Patriarcato ecumenico, il 29 giugno 2025
Il suo amato Fratello in Cristo
Bartolomeo
Arcivescovo di Costantinopoli-Nuova Roma e Patriarca ecumenico