Colloquio con il cardinale Claudio Gugerotti

L’umanità ascolti il Papa:
si risvegli la ragione sopita

Papa Leone XIV durante l'udienza alla Roaco (Riunione delle Opere per l'Aiuto alle Chiese ...
30 giugno 2025

di Federico Piana

È la famosa opera del pittore spagnolo Francisco Goya intitolata “Il sonno della ragione genera mostri” a sintetizzare al meglio la preoccupazione che traspare dal discorso che Leone XIV ha pronunciato lo scorso 26 giugno in occasione della plenaria della Roaco (Riunione opere aiuto chiese orientali). Ne è convinto il cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese orientali e presidente della Roaco, che in una conversazione con «L’Osservatore Romano», sottolinea come quelle del Papa siano parole programmatiche di forte intensità che fanno emergere una profonda indignazione per tutto ciò che sta accadendo nel mondo. «Si ha la percezione che la gente stia perdendo quello che dal punto di vista del pensiero aveva costruito nei secoli: la libertà, il diritto della persona, quello internazionale e quello umanitario. Sembra che tutto stia svanendo e questo il Papa lo afferma chiaramente».

Eccolo qui il sonno della ragione. Che fa nascere mostri inquietanti, aggiunge il prefetto: «Questa umanità rimane a guardare impassibile la propria autodistruzione. Qualche voce emerge ma la politica continua per la sua strada. Bisogna dire, però, che non è più una politica di popolo ma si è trasformata in una politica di élite: persone che si arrogano il diritto di una funzione di guida al di là delle regole».

Il discorso del Papa, spiega Gugerotti, offre la possibilità di comprendere come attualmente le argomentazioni di piccolo cabotaggio e di corte prospettive non bastano quando l’umanità non è in grado più di usare la ragione profonda: «La gente assiste impotente alle devastazioni che si stanno allargando a macchia d’olio. E quando si rimprovera al potente di turno di violare il diritto internazionale ed umanitario esso non risponde come per dire: la cosa non mi interessa. E allora in che modo si può pensare di dialogare?».

Una situazione di incomunicabilità nella quale si trova anche l’Oriente cristiano che per sua natura è una terra di martiri. «E lo è da sempre — conferma il cardinale —. È una terra di martiri che continua ad essere preda del martirio. Questo sistema di violenze costringe i cristiani a scappare, li elimina di fatto dalla loro terra: e loro sono uno dei fondamenti culturali, sociali e politici di quelle stesse terre».

Ci sono altre domane che assillano il cuore del prefetto: questo martirio quanto ancora dovrà durare? Per quanto tempo ancora si dovrà assistere inermi all’uccisione di persone che stanno pregando? Le violenze senza più limiti sono frutto solo di un fondamentalismo religioso o nascondono uno scopo politico? «C’eravamo illusi — dice — che con la fine delle persecuzioni sovietiche i cristiani potessero ottenere uno spazio sereno per vivere. Ma non è così. La percezione che hanno quei cristiani è quella di non essere voluti, tollerati, nella loro stessa terra».

Il pericolo che Gugerotti vede all’orizzonte è quello dell’estinzione dei cristiani. E la presenza delle Chiese orientali è antichissima, la più vicina alle origini del cristianesimo: «Il rischio è quello di perdere un tesoro fatto di padri della Chiesa, di inni, di preghiere, di tradizioni. E non potranno essere rimpiazzati: nel corpo di Cristo resterà il vuoto ma ci sarà anche un vuoto nella cultura dell’umanità».

Allora, in sintonia con il pensiero di Leone XIV, Gugerotti chiede al mondo di svegliarsi, di iniziare a ridestare quella ragione sopita da ormai troppo tempo. «Non possiamo più — ammette — perderci dietro le nostre piccole lotte di potere, non possiamo più manipolare la storia per ottenere tutto ciò che vogliamo. Tra tutte le minoranze, quella cristiana è la più dimenticata, quella più minacciata di morte. Eppure tra quei fedeli la speranza è ancora viva contrariamente a noi che li osserviamo da fuori».

Nonostante guerre e sopraffazioni, violenze e dolore, la Roaco si sta impegnando senza sosta a creare piccole oasi di speranza ricostruendo dov’è possibile e a implementare il dialogo ecumenico. Una dimensione che assume un’importanza strutturale perché, come sostiene il cardinale, ha l’obiettivo di «togliere lo scandalo del cristianesimo diviso. E la solidarietà storica che oggi per necessità si sta compiendo tra le Chiese è un chiaro invito ad una comunione che finora non siamo riusciti ad ottenere attraverso la riflessione teologica». In sostanza, un ecumenismo del soccorso e della carità.