La dignità dei fragili

 La  dignità dei fragili  ODS-033
05 luglio 2025

Fragilità e dipendenza: un binomio che nel mio caso sintetizza una intera esistenza. Ma come rompere le catene di questa forza oscura? Quella invincibile spinta a ripetere, all’infinito, gli stessi errori?

Ogni dipendenza riempie un buco nero che nient’altro riesce a riempire. Così, ricchi e poveri finiscono tutti per diventare un’unica cosa: la maschera grigia della propria dipendenza. Si finisce per essere solo quella cosa lì.

Spesso la Chiesa, la scienza e la società intera si fermano davanti al mistero dal quale scaturiscono le dipendenze e rincorrono formule che, proprio perché razionali, non riescono a incidere in questi destini.

La dipendenza, molto oltre la sostanza o la cosa dalla quale si è dipendenti, è la sintesi di ogni fragilità umana: quasi una in-diagnosticabile disfunzionalità che ci fa ingigantire e rendere indigesto ogni tranello della vita, persino quelli inventati. Una fatica di vivere che si illude di trovare un sollievo in “qualcosa”, fino a rendere quel “qualcosa” la sola missione dell’esistenza.

Uscire da una dipendenza è operazione altrettanto imperscrutabile da quella di esserci caduti dentro. Ricette precise non ci sono. Io racconto la mia.

Lo Spirito Santo, come una corazza che protegge il corpo di un guerriero, è l’unica forza in grado di contrastare il mio anelito all’autodistruzione e all’annullamento. Non esiste, in casi come il mio, il concetto stesso di volontà: non è che ne sono sprovvisto, quanto non sono mai stato capace di indirizzarla, di controllarla con il buon senso della causa/effetto. Solo una forza a me esterna poteva spezzare, almeno per ora, le catene che mi stavano rendendo folle.

Nelle preghiere popolari il rapporto con il divino è intimo. «Madonna mia, prendi il mio cuore e dammene uno nuovo...»: come se non ci fosse la possibilità di “aggiustarlo”. È il proprio esistere che va cambiato: qualcosa di tutto nuovo, completamente nuovo, completamente donato e non conquistato. Una seconda chance ricevuta per grazia. Poi esiste anche un recupero in mezzo agli altri, così come per mezzo degli altri. Le strade sono tante, mi limito a sintetizzarle in una parola: dignità. Dignità dell’abitare, del sopravvivere, del poter uscire dalla solitudine, dell’autodeterminarsi nella nuova vita.

Le comunità parrocchiali possono essere agenti di questo cambiamento nel territorio. Ma la scintilla che modifica destini di morte e devastazione è, almeno nel mio osservare me stesso e altri a me vicini, divina. Una Luce che, improvvisamente, ti fa sentire qualcosa di altro.

Comprendere, analizzare, cercare di essere utili come comunità cristiana impone uno sforzo di silenzio. Una umiltà che non pretende di giudicare ciò che non conosce. Che sa aspettare, aiutare, essere a servizio sapendo di non poter imporre percorsi razionali.

Luca