DONNE CHIESA MONDO

Da Arsa a Nomadland: ritiro dal mondo come via spirituale

Il silenzio che parla
e solitudini scelte

 Il silenzio che parla e solitudini scelte  DCM-007
05 luglio 2025

«Io sono questo», sussurra solenne Arsa, negandosi alla compagnia di chiunque. Firmato dal duo di video-artisti e cineasti Masbedo (Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni), Arsa (2024) è solo l’ultimo film, in ordine di tempo, a raccontare il percorso in solitudine di alcune donne che, spinte da motivazioni e con modalità differenti, hanno scelto l’eremitaggio quale dimensione spirituale, laicamente intesa. Un soggetto, questo, che il cinema contemporaneo declina in forme diverse, ma tutte accomunate dentro la convinzione che, attraverso l’isolamento volontario, le protagoniste possono vivere l’esperienza intima del sacro nei semplici gesti quotidiani e fuori dai dogmi. Donne che camminano, aspettano, ascoltano, cercano, creano, resistono e custodiscono la memoria.

Arsa è un’adolescente orfana del padre artista e artigiano, che sceglie di abitare da sola in una capanna sull’isola di Stromboli. Credendo nell’autosufficienza ad ogni costo, si preserva dalla “contaminazione” turistica vivendo in ecologica simbiosi con una natura selvaggia ma anche generosa.

Quella di Arsa è una forma di rivoluzione resiliente e silenziosa, votata all’ascolto del silenzio e all’osservazione dell’invisibile che si cela in ogni cosa, anche nei rifiuti abbandonati dagli umani e riportati a riva dal mare, che la ragazza raccoglie ogni giorno dalle spiagge. Perché per questa giovane eremita la natura è un altare da contemplare quotidianamente e da preservare da ogni tentativo di profanazione. E nella sua esistenza votata a solitudine, indipendenza ed ecologia, Arsa diviene anche una custode delle memorie paterne, quelle che le hanno insegnato a ri-generare gli scarti trasformandoli in piccole opere d’arte.

Per quanto in un contesto spazio-temporale e storico diverso, la stanzialità segregata di Arsa si collega a quella di Fani, la giovane moglie di Franz, rimasta a casa in attesa delle lettere del marito obiettore di coscienza in quanto cattolico ma forzatamente arruolato nell’esercito della Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale. Ispirato alla vita dell’austriaco Franz Jägerstatter attraverso il suo epistolario, La vita nascosta (A Hidden Life, 2019) di Terrence Malick mette in scena la co-protagonista Fani come l’espressione di una spiritualità silenziosa, che vive l’attesa nell’intimità domestica in un villaggio sperduto tra le Alpi, laddove i semplici gesti di tutti i giorni diventano preghiera: un eremitaggio forzato che liberamente cambia di segno mutando in un sacro quotidiano come forma di resistenza e resilienza parallelamente alla prigionia del marito.

In netta opposizione al risiedere, il viaggiare in solitudine come dimensione identitaria - e dunque come gesto etico-spirituale in seno alla laicità - è quanto caratterizza almeno due tra i titoli più significativi che mettono al centro donne sole on the road. Si tratta di Wild del compianto Jean-Marc Vallée su sceneggiatura di Nick Hornby, e di Nomadland di Chloé Zhao.

Ispirato all’’omonimo memoriale autobiografico di Cheryl Strayed, Wild - Una storia selvaggia di avventura e rinascita, il film inquadra la giovane donna nel suo cammino lungo i sentieri del Pacific Crest Trail: un “pellegrinaggio” alla ricerca di guarigione e redenzione per il corpo, la mente e l’anima dalle troppe ferite della vita (lutti, separazioni, droga). Il santuario a cui Cheryl aspira è interiore ed è, a suo avviso, raggiungibile attraverso la mistica osmosi/resistenza con/alla natura selvaggia (il “wild” del titolo), così come rinunciando alle comodità d’abitudine per imparare a confrontarsi quotidianamente con le proprie fragilità in una solitudine faticosamente deliberata.

Mentre il cammino quasi “espiatorio” della giovane americana corrisponde a un segmento esistenziale, il viaggio della connazionale ma più adulta Fern definisce una scelta permanente di vita nomade: la protagonista di Nomadland è una figura eremitica ed errante contemporanea. In aperto contrasto con i dettami del capitalismo disumanizzante, Fern offre una proposta esistenziale etica, in totale autonomia e solitudine, seppur aperta alla comunicazione e alla solidarietà con chi la circonda. Il suo nomadismo eremitico assume così la geometria di uno spazio di trascendenza, di contemplazione e di laica sacralità.

di Anna Maria Pasetti