DONNE CHIESA MONDO

Partire e cercare se stesse oltre i confini del mondo

Cammino di liberazione

 Cammino di liberazione  DCM-007
05 luglio 2025

«Non si tratta solo di mettere un passo dopo l’altro, ma di attraversare sé stessi». Le parole di Cheryl, protagonista di Wild, riecheggiano quelle di Sant’Agostino: «Il pellegrinaggio è un ritorno al cuore». Che si tratti di un itinerario spirituale o di un percorso di trasformazione, il viaggio finisce inevitabilmente per portarsi dietro una serie di rifrazioni simboliche che ne fanno uno dei motivi speculativi per antonomasia. Nel caso delle donne, questa esperienza si carica di una valenza ulteriore: non è soltanto un cammino di fede o di riscoperta di sé, ma anche una forma di emancipazione dai vincoli imposti dalla società.

Il pellegrinaggio femminile continua a essere una potente metafora della ricerca di sé e della propria voce nel mondo. Il cinema ha raccontato in modo efficace questo percorso. Un giorno devi andare (2013) di Giorgio Diritti e Wild (2014) di Jean-Marc Vallée presentano storie diverse ma accomunate dallo stesso desiderio di trasformazione. Il secondo è tratto dall’omonimo memoir in cui Cheryl Strayed narra il suo viaggio solitario lungo il Pacific Crest Trail, un percorso che nel film diventa simbolo del bisogno di superare il dolore della perdita e dell'autodistruzione. Interpretata da Reese Witherspoon, incarna un'eroina moderna che si misura con la natura e con i propri limiti fisici e psicologici, trovando la forza di affrontare il suo passato e ricostruire la propria vita.

Allo stesso modo, Un giorno devi andare racconta il pellegrinaggio di Augusta (Jasmine Trinca), una giovane donna che, dopo aver vissuto un dolore profondo, sceglie di allontanarsi dalla società occidentale per rifugiarsi in Amazzonia. Il suo viaggio è una fuga, ma anche una ricerca: immersa in un contesto completamente nuovo, Augusta sperimenta una forma di spiritualità diversa da quella della sua origine cristiana e si confronta con una nuova visione della vita e della fede. Entrambe sfidano gli stereotipi del viaggio femminile come fuga romantica. I loro pellegrinaggi sono prove di resistenza, atti di ribellione e, infine, strumenti di rinascita. Anche nella storia della Chiesa, le donne pellegrine hanno spesso sfidato le convenzioni. Santa Brigida di Svezia, nel Trecento, lasciò la corte per viaggiare fino a Gerusalemme, mentre Margery Kempe scrisse la prima autobiografia mistica in inglese, narrando il suo pellegrinaggio come un atto di disobbedienza alle aspettative matrimoniali. Questa tensione tra obbedienza e ribellione si ritrova anche in Tracks (2013), dove Robyn Davidson attraversa il deserto australiano con i suoi cammelli, in un pellegrinaggio laico ma non per questo meno sacro.

Ma è Holy Smoke! (1999) di Jane Campion a cambiare completamente prospettiva, tracciando una vera e propria teologia del viaggio femminile nel cinema. Qui il cammino fisico e spirituale diventa atto di liberazione, ma anche di scontro con le strutture patriarcali, sia laiche che religiose. Una straordinaria Kate Winslet veste i panni di Ruth, una giovane donna che, dopo un’esperienza mistica in India - esperienza che la famiglia (e la società occidentale) interpreta come una minaccia - viene "rieducata" da un deprogrammatore (Harvey Keitel). La sua "conversione" non è accettata, e così viene sottoposta a un vero e proprio esorcismo laico. Allo stesso modo, in Un giorno devi andare, Augusta fugge in Amazzonia dopo un trauma, cercando una spiritualità più autentica, lontana dalle ipocrisie della società occidentale. Il suo viaggio ricorda quello dei missionari, ma con una differenza: lei non va per convertire, ma per essere convertita. Come Ruth, Augusta cerca Dio (o almeno un senso) fuori dalle istituzioni, in una spiritualità selvaggia che la tradizione cristiana ha spesso guardato con sospetto. In entrambi i film, il corpo della donna diventa terreno di scontro tra forze opposte: in Holy Smoke!, Ruth usa la sua sensualità come arma per ribaltare i ruoli. In Un giorno devi andare, Augusta si immerge in un mondo primitivo, dove il corpo non è più oggetto di giudizio ma strumento di sopravvivenza e preghiera. E se nella tradizione cristiana il pellegrinaggio è un atto di obbedienza (si va a Santiago, a Roma, in Terra Santa per confermare la propria fede), nei film analizzati diventa atto di disobbedienza. Il viaggio femminile nel cinema è spesso un’eresia, nel senso etimologico del termine (hairesis, "scelta"). Le protagoniste scelgono la loro strada, anche se questa le porta fuori dalla società, dalla Chiesa, dalle aspettative. Eppure, proprio come le mistiche medievali, trovano Dio (o almeno sé stesse) solo uscendo dalle regole.

di Gianluca Arnone