La Giornata per la riconciliazione della Corea

La fede
per superare i conflitti

 La fede per superare i conflitti  QUO-145
25 giugno 2025

di Paolo Affatato

Spes ultima dea. La speranza non muore perché è fondata su Cristo Gesù. Nel contesto della penisola coreana, in cui realisticamente non si registrano né si vedono segnali positivi di distensione, la comunità cattolica in Corea del Sud non si arrende, non smette di parlare di “speranza” e, soprattutto, non cessa di pregare per la pace e la riconciliazione con la Corea del Nord. L’ha definita «speranza imperitura» Simon Kim Ju Young, vescovo di Chuncheon e presidente del Comitato per la riconciliazione in seno alla Conferenza episcopale coreana, celebrando una messa nel corso della novena che ha preparato i fedeli all’odierna Giornata di preghiera per la riconciliazione e l’unità, fissata il 25 giugno di ogni anno. La speciale Giornata — istituita dai vescovi coreani nel 1965 per ricordare l’inizio della guerra di Corea (1950-1953) e pregare per la pace — nel 2025 ricorda anche l’80° anniversario della liberazione della Corea dal dominio coloniale giapponese (1945). In tutte le diocesi coreane oggi sono previste messe e veglie di preghiera che vedono i cattolici coreani riuniti nell’invocazione comune di riconciliazione con i fratelli del Nord.

Mentre la Corea del Sud ha appena superato una crisi politica che ha portato all’impeachment del presidente Yoon Suk Yeol e alla sua destituzione e, un mese fa, all’elezione de nuovo presidente Lee Jae-myung, il dossier dei rapporti bilaterali con la Corea del Nord resta molto complicato da gestire, nonostante la buona volontà di Seoul. Gli analisti rilevano un deterioramento dei rapporti bilaterali Nord-Sud. Nel corso degli ultimi venticinque anni si erano compiuti anche notevoli passi avanti, con il moltiplicarsi degli scambi, perfino con la gestione congiunta di un’area industriale al confine dove lavoravano fianco a fianco coreani del Nord e del Sud. Negli ultimi due anni, invece, le tensioni lungo il confine intercoreano sono aumentate. La Corea del Nord ha continuato a condurre test missilistici e ha dichiarato di concepire i rapporti intercoreani come quelli tra “due Paesi ostili”.

A confermare il clima di sfiducia, episodi spiacevoli come il lancio di droni, volantini e palloncini pieni di spazzatura al di là del confine hanno fatto aumentare il risentimento reciproco. «Tale situazione — ha spiegato monsignor Kim Ju Young — si può definire una guerra civile psicologica». In questa cornice, allora, la Giornata di preghiera per la riconciliazione riporta i fedeli ad alzare gli occhi al cielo e invocare Dio come datore di pace e di speranza. Quando le prospettive umane sono pessimistiche, è necessario ritrovare in Dio la forza per scorgere uno spiraglio di luce. Il vescovo ha chiesto ai fedeli di ricordare «quanti in passato hanno cercato di percorrere la via della pace e della riconciliazione» e si sono uniti spiritualmente, suggerendo proprio l’uso della parola “speranza” come termine-chiave per «allontanare l’ombra lasciata dalla divisione della penisola coreana». Tanto più oggi: la Giornata si celebra all’interno dell’anno del Giubileo che ha come tema centrale Pellegrini di speranza. Allora, «dopo ottant’anni di divisione nella penisola coreana, bisogna superare i conflitti con la fede nella risurrezione di Cristo», ha esortato.

Tra le iniziative particolari, a Ganghwa-gun, zona di confine, i cristiani delle diverse confessioni si uniscono a pregare in un raduno ospitato dalla comunità protestante. I fedeli invocano Dio «per la fine della guerra, per l’unificazione pacifica della penisola coreana e la cessazione del conflitto mondiale». Un appello a riattivare i canali di dialogo tra Nord e Sud Corea lo ha lanciato anche la Conferenza coreana delle religioni per la pace, che include sette principali comunità religiose presenti in Corea, tra cui la Chiesa cattolica. Nel recente pellegrinaggio per la pace lungo la zona demilitarizzata (la fascia di terra che divide Corea del Nord e Corea del Sud), dopo un cammino di 385 chilometri i fedeli, credenti delle diverse religioni, hanno scritto: «Abbiamo camminato disarmati per parlare di pace, cantare per la pace e creare la pace».