Strage in una chiesa

Damasco, 23. Un «crimine atroce». Con queste parole l’Onu condanna «nei termini più forti possibili» l’attacco terroristico di ieri alla chiesa greco-ortodossa di Sant’Elia nel quartiere Duweila di Damasco, dove decine di persone si erano riunite per partecipare alla messa domenicale. Secondo la ricostruzione del ministero dell’Interno siriano, un attentatore «ha aperto il fuoco e poi si è fatto saltare in aria con un giubbotto esplosivo»: il bilancio è di almeno 22 morti e circa 60 feriti. L’attentatore suicida è stato identificato dalle autorità di Damasco come un affiliato al sedicente stato islamico (Is).
Sulla scena della strage rimangono il sangue di tanti innocenti — tra le vittime anche bambini — e le macerie dell’edificio, gravemente danneggiato dalla deflagrazione. I pochi fedeli che sono riusciti a salvarsi sono quelli che hanno fatto in tempo a nascondersi tra i banchi o lontano dalla zona dov’era arrivato l’attentatore, dopo aver eluso i controlli all’ingresso. Se confermata la matrice, si tratterebbe della seconda volta in cui l’Is si palesa con attentati sanguinosi nella Siria del presidente ad interim, Ahmed al-Sharaa (noto anche come al Jolani), che le frange islamiste più estreme, fanno notare gli analisti, accusano di aver rinnegato la loro causa per puntare al riconoscimento dell’Occidente: a fine maggio i terroristi avevano piazzato un ordigno lungo una strada mentre passava una pattuglia dell’esercito, uccidendo almeno un militare.
Ancora più cruenta l’esplosione di ieri nel sobborgo di Duweila, dove vive una folta comunità cristiana, in un momento in cui il nuovo governo dichiara di perseguire il rispetto delle minoranze religiose e annuncia un aumento del 200 per cento dei salari e delle pensioni nel settore pubblico, nel tentativo di affrontare la pesante crisi economica che attanaglia il Paese, nonostante il recente allentamento delle sanzioni internazionali dopo il rovesciamento di Bashar al-Assad.
Il Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente, in un comunicato reso noto a Damasco, ha esortato le nuove autorità siriane ad «assumersi la piena responsabilità» per l’attentato, invocando concrete garanzie su «inviolabilità delle chiese e protezione di tutti i cittadini». «Profondo dolore» è stato espresso dal patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, in una conversazione telefonica con il patriarca di Antiochia, Giovanni X Yazigi, nel corso della quale — riporta una nota — ha condannato «inequivocabilmente» l’attentato alla chiesa greco-ortodossa di Damasco, evidenziando come ogni atto terroristico, «soprattutto contro luoghi di culto», sia in realtà diretto «contro la pacifica convivenza di popoli, religioni e culture».
La notizia dell’attentato suicida nella chiesa di Sant’Elia è stata accolta «con profondo shock» e altrettanta «repulsione» dall’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa, che in un comunicato spiegano come non vi sia «alcuna giustificazione — religiosa, morale o razionale — per il massacro di innocenti, men che meno in uno spazio sacro». Si tratta, aggiungono, di «un atto di indicibile malvagità, un crimine contro l’umanità e un peccato davanti a Dio», nonché di «una diretta violazione del diritto di praticare il culto in pace e sicurezza». Nel condannare con fermezza quanto accaduto e respingere «le ideologie che cercano di giustificare la violenza in nome della religione», gli ordinari cattolici di Terra Santa esprimono le «più sentite condoglianze al Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente» e la loro solidarietà «a tutte le comunità cristiane della Siria, che hanno sopportato anni di persecuzione e sfollamento e ora affrontano rinnovata paura e insicurezza».
Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) fa intanto sapere di aver attivato una raccolta fondi per fornire aiuti di emergenza alla comunità colpita.