Testimonianze da Callao

«Come va?
Domani vi mando qualcosa»

 «Come va?  Domani vi mando qualcosa»  QUO-143
23 giugno 2025

Gli aiuti alla gente  che moriva di fame durante il Covid


Callao, Ventanilla, Pachacútec. I segnali indicano la strada. Man mano che si procede verso la periferia di Lima, lasciandosi alle spalle boticas e bodegas e i numerosi chifa, i ristoranti fusion di cucina peruviana e cinese che nel Paese vanno per la maggiore, lo scenario appare sempre più desolante.

Callao, “provincia constitucional”, di fatto un sobborgo che si raggiunge dopo mezz’ora di macchina, tra strade dissestate e uno slalom tra capre e cani randagi. In questa zona portuale, la criminalità — racconta chi ci vive — negli ultimi anni si è duplicata.

Il distretto di Ventanilla, un pueblo nuevo (espressione edulcorata per indicare una vera e propria favela), prova ad andare avanti e «sopravvivere», come si legge sui murales lungo la strada. Va avanti, salvo quegli imprevisti e quelle tragedie della vita che in poco tempo mettono in ginocchio una intera popolazione. È successo a Pachacútec, barrio di muratori, mercanti, agricoltori e autisti di moto-taxi, da qualche anno pure di migranti. Tutti lavoratori a nero che sbarcano il lunario giorno per giorno. Il Covid-19 ha fatto una strage tra morti, malati e coloro che ritrovatisi chiusi in casa non sapevano dove andare a prendere i soldi e quindi comprare del cibo. «Un caos, un caos total», racconta don Christophe Ntaganzwa. È il parroco della Virgén de Fátima, chiesetta nel deserto della quale fino al 2021 non esisteva neppure mezza pietra. Grazie a benefattori e all’azienda Coprodeli che ha finanziato i lavori per tetto e finestre, ora è un edificio solido, punto vivo di incontro e raccolta per la popolazione delle vicine baracche distribuite come un presepe lungo un’unica discesa. Don Cristophe, nemmeno 40 anni, rwandese, ricorda i tempi del lockdown in questa zona «povera, poverissima». Lo fa però con il sorriso di chi, come dice, «ha visto manifestarsi la gloria di Dio» nella concretezza e nella provvidenza. Cioè negli aiuti coordinati e inviati da un uomo giunto proprio nel 2020 come amministratore apostolico di Callao: il vescovo Robert Francis Prevost. Impossibilitato per le restrizioni a visitare Pachacútec, il futuro Pontefice si è fatto ugualmente vicino telefonando continuamente al parroco: «Come va? Come state? Domani ti mando qualcosa». E una settimana arrivavano camion della Caritas con 4 mila polli vivi o maiali e, quella successiva, 150 kg di medicine, indumenti, acqua minerale.

Don Christophe mostra le fotografie di lui che, con la mascherina, portava bustoni e scatoloni alla gente. Ricardina, donna nubile che vive in una casetta di fronte alla parrocchia insieme alla cugina vedova Hilde e alla nipote Lisette, ha beneficiato di questa ondata di solidarietà. Offre il caffè riscaldato nella sua cucinetta verde, disarmonica nell’arredamento e nei colori, ma pulita, ordinata, profumata di patate messe a bollire. Seduta sul divano, racconta la vita del quartiere in cui «le persone lottano ogni giorno per andare avanti»: «Durante la pandemia, abbiamo vissuto nella desolazione, nella preoccupazione, nella paura». E nella fame: «C’era gente che ha sofferto la fame, perché non aveva niente. C’erano anziani totalmente soli», le fa eco dalla casa di fronte Wilder Guadalupe, 30 anni. Parla fuori dalla sua abitazione, davanti a una parete in lamiera che funge da porta, accanto alla mamma e a due cagnolini che abbaiano a chiunque si avvicini. Non aprono casa forse per la vergogna della miseria in cui vivono. «Grazie a Dio qualcuno ci ha aiutato», dice il giovane. Nella disperazione, la speranza. «C’è stata una risposta alle nostre preghiere», afferma ancora Ricardina, «una risposta che abbiamo visto venire da Dio attraverso colui che ora è il Papa».

Nelson e la moglie Milagros, qualche abitazione più avanti, dal cortile in cui allevano polli e cuy (una sorta di porcellino d’India la cui carne è commestibile) raccontano come, grazie al «padre» non solo hanno avuto di che mangiare, ma «abbiamo mangiato più di quanto avremmo mangiato in una giornata normale». «Una fuerza terrible» quella dell’allora monsignor Prevost che — ricorda il parroco — terminato il lockdown, stava 15 giorni a Chiclayo e altri 15 a Callao. Otto ore e mezza di macchina ogni volta. È per questo che i residenti di Pachacútec vivono oggi l’elezione di Leone XIV come un regalo per loro: «Qui c’è tanta sofferenza, tanto abbandono. Lui conosce questa realtà. Tutti i peruviani si sentono benedetti». (salvatore cernuzio)