Testimone del bene plasmato dall’amore

 Testimone del bene plasmato dall’amore   QUO-138
16 giugno 2025

di Alessandro Di Bussolo

Floribert è un «maestro di speranza» non solo per tanti giovani africani, «cui insegna a vincere il male con il bene», ma anche per tutti, perché nel suo esempio «tanti giovani di tutto il mondo possono scoprire la forza del bene e di fare il bene, resistendo alle lusinghe di una vita dominata dalla paura e dal denaro». Così il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei santi e rappresentante pontificio, nell’omelia della messa di beatificazione di Floribert Bwana Chui, celebrata nel pomeriggio di ieri, domenica 15 giugno, solennità della Santissima Trinità, nella basilica papale di San Paolo fuori le mura. Hanno concelebrato i cardinali James Michael Harvey, arciprete della stessa basilica, e Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa, insieme al vescovo di Goma, diocesi di origine del beato, Willy Ngumbi Ngengele, e ad altri presuli della Repubblica Democratica del Congo.

Un giorno di festa per la comunità congolese a Roma e per la Comunità di Sant’Egidio, di cui il giovane Floribert era membro responsabile a Goma, che hanno animato, numerosi, la liturgia con i loro canti. La comunità nata a Trastevere ha festeggiato così il suo primo beato con centinaia di rappresentanti di diversi Paesi africani, come Benin, Burundi, Costa d’Avorio, Malawi, Mozambico, Senegal e Togo.

Dopo l’atto penitenziale, il vescovo di Goma e il postulatore don Francesco Tedeschi si sono avvicinati al cardinale Semeraro e hanno chiesto di procedere alla beatificazione di Floribert. Il porporato ha quindi dato lettura della Lettera apostolica di Leone XIV, che ha stabilito che il giovane sia d’ora in poi chiamato beato, e che sia celebrato ogni anno l’8 luglio, giorno della sua nascita al cielo. Il Papa lo ha definito «laico, martire, che ritenendo l’amore al prossimo più prezioso non solo dei beni terreni, ma anche della propria vita, testimoniò eroicamente il Regno di giustizia e di pace inaugurato dal Signore Gesù». Quindi è stata scoperta l’immagine del nuovo beato: un quadro intitolato “Nuovo sole su Goma”, opera dell’artista Stefano Di Stasio, e successivamente i fratelli di Floribert, Trésor e Jean-Claude, hanno portato all’altare una reliquia, ovvero la giacca indossata dal giovane martire il giorno del rapimento, con impressi i segni della violenza subita. Nel frattempo veniva intonato, in italiano con musica congolese, l’inno al beato. Alla celebrazione era presente anche la madre Gertrude, mentre il padre di Floribert è purtroppo scomparso da alcuni anni.

Nell’omelia, il cardinale Semeraro ha ricordato il momento della «grazia a caro prezzo» per il 26enne funzionario della dogana alla frontiera tra la Repubblica Democratica del Congo e il Rwanda, attivo da quando era universitario nella Scuola della Pace di Sant’Egidio a Goma, capoluogo del Nord Kivu. Il «momento della scelta» fu quando «con le minacce e le lusinghe della corruzione gli fu chiesto di far passare alla dogana del cibo avariato che avrebbe avvelenato le tavole della gente di Goma. Egli, nutrito dalla Parola di Dio e dall’Eucarestia, si chiese: “Se faccio questo, sto vivendo in Cristo? Sto vivendo per Cristo?”. “Come cristiano — così si rispose — non posso accettare di sacrificare la vita delle persone. È meglio morire che accettare questi soldi”».

Per questo, tra il 7 e l’8 luglio del 2007, venne sequestrato, torturato e ucciso. Il suo martirio in odium fidei è stato riconosciuto nel novembre scorso da Papa Francesco aprendo la strada alla beatificazione, in quanto legato alla corruzione e al culto del denaro ad ogni costo, che inquina il futuro e le speranze dell’Africa. La sua scelta, ha sottolineato il prefetto del Dicastero delle Cause dei santi, «era tra il vivere per sé stessi e il vivere per Cristo», e Floribert ha scelto «la resistenza al male, fino in fondo, sino all’effusione del sangue». E il porporato ha ricordato cosa disse Papa Francesco incontrando i giovani nel suo viaggio in Repubblica Democratica del Congo, il 2 febbraio 2023: «Poteva lasciare andare, non lo avrebbero scoperto e ci avrebbe pure guadagnato. Ma, in quanto cristiano, pregò, pensò agli altri e scelse di essere onesto, dicendo no alla sporcizia della corruzione. Questo è mantenere le mani pulite, mentre le mani che trafficano soldi si sporcano di sangue. Se qualcuno ti allungherà una busta, ti prometterà favori e ricchezze, non cadere nella trappola, non farti ingannare, non lasciarti inghiottire dalla palude del male».

Della testimonianza di Floribert il cardinale Semeraro ha sottolineato che «in ogni occasione della vita Dio era il suo riferimento»: prova ne è la sua Bibbia conservata a Roma, nel santuario dei Nuovi Martiri a San Bartolomeo all’Isola, che «permette di constatare le tracce di una lettura costante». Egli si è totalmente aperto all’amore che lo abbracciava al punto da lasciarsene plasmare nel profondo e farne la bussola che orientava le sue scelte.

È la spiritualità che il giovane congolese ha trovato nella Comunità di Sant’Egidio, e che Papa Francesco, nella sua visita a Santa Maria in Trastevere, nel 2018, per i 50 anni dalla fondazione, ha sintetizzato in «preghiera, poveri e pace». Nella comunità Floribert, ha ricordato il porporato, ha scoperto che «vi è più gioia nel dare che nel ricevere», riversando la sua attenzione ai poveri di Goma, in particolare ai bambini di strada, ai quali voleva dare speranza e futuro, impegnandosi con loro nella Scuola della Pace. E ha citato una frase del nuovo beato: «Tutti hanno diritto alla pace nel cuore»! «In un tempo segnato dalla guerra e dalla violenza, in cui tanti nella Repubblica Democratica del Congo e altrove cercano la pace — ha rimarcato Semeraro —, queste parole ci colpiscono più che mai!».

La beatificazione di Floribert si è celebrata a Roma, ha sottolineato ancora il porporato, proprio perché a Goma «mancano le condizioni di sicurezza e tranquillità». Così spiritualmente ieri il giovane martire si è fatto pellegrino nell’Urbe, come sperava prima di essere ucciso.

Tra le testimonianze raccolte, ha ricordato inoltre il celebrante, si legge che con il suo impegno intendeva riunire i giovani di Goma come in una famiglia, che rifiuta con lui la guerra. Scelse perciò di condividere l’impegno di Sant’Egidio per la pace; perché — diceva — «mette tutti i popoli alla stessa tavola». Sognava di essere un uomo di pace e di poter così contribuire alla riconciliazione della sua terra, che amava tanto. «Oggi, dunque, facciamo nostra la sua aspirazione a un Congo in pace, raccolto alla stessa tavola come una famiglia», ha esortato il porporato.

Il beato Floribert — ha concluso il prefetto del Dicastero delle Cause dei santi — ha compreso che la propria anima, ma anche la vita della sua gente «erano infinitamente più preziose del denaro» ed ora, proprio grazie alla fedeltà della sua vita che lo ha condotto al martirio, «la Chiesa lo indica come un testimone e lo propone come un maestro per noi tutti». Per la sua intercessione «il Signore doni ai giovani e a tutti i credenti della Chiesa in Congo, in particolare a Goma, nuova forza nel perseguire il bene, resistendo al male». E incoraggiata dal suo esempio, la Comunità di Sant’Egidio «prosegua con libertà sulla triplice via della preghiera, dei poveri e della pace».

Al termine della celebrazione, il cardinale Ambongo Besungu, a nome di tutti i vescovi e di tutto il popolo congolesi, ha rivolto un saluto ai presenti, definendo la beatificazione di Floribert «un segno» che nutre la speranza nel pieno della «crisi della sicurezza della Repubblica Democratica del Congo, in particolare nel Nord, in Kivu, a Goma».

Gli ha fatto eco Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, il quale ha messo in luce come il nuovo beato faccia «scoprire una forza di pace, di bene, di cambiamento, di fiducia in Dio», divenendo «luce del mondo intero».