La prima udienza giubilare di Leone XIV
Parlando di sant’Ireneo e dell’importanza di «collegare» e non contrapporre,
il Papa esorta a distinguere la realtà dalle ideologie
La catechesi

Gesù è una porta che unisce
non un muro che separa

 Gesù è una porta che unisce  non un muro che separa   QUO-137
14 giugno 2025

Anche il Vangelo venne da fuori. I migranti ravvivano la fede nei Paesi d’accoglienza


«Gesù non è un muro che separa, ma una porta che ci unisce. Occorre rimanere in lui e distinguere la realtà dalle ideologie». Lo ha detto Leone XIV stamani, sabato 14 giugno, nella prima udienza giubilare del suo pontificato, svoltasi nella basilica Vaticana. Le precedenti nell’Anno Santo della speranza erano state tenute dal predecessore Papa Francesco l’11 gennaio e il 1° febbraio scorsi. Nella sua riflessione — che pubblichiamo di seguito — Papa Prevost ha approfondito il tema «Sperare è collegare. Ireneo di Lione».

Nel nome del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo. La pace sia con voi!

Cari fratelli e sorelle,

riprendono questa mattina le speciali udienze giubilari che Papa Francesco aveva iniziato nel mese di gennaio, proponendo ogni volta un particolare aspetto della virtù teologale della speranza e una figura spirituale che lo ha testimoniato. Continuiamo dunque il cammino avviato, come pellegrini di speranza!

Ci raduna la speranza trasmessa dagli Apostoli fin dal principio. Gli Apostoli hanno visto in Gesù la terra legarsi al cielo: con gli occhi, gli orecchi, le mani hanno accolto il Verbo della vita. Il Giubileo è una porta aperta su questo mistero. L’anno giubilare collega più radicalmente il mondo di Dio al nostro. Ci invita a prendere sul serio ciò che preghiamo ogni giorno: «Come in cielo, così in terra». Questa è la nostra speranza. Ecco l’aspetto che oggi vorremmo approfondire: sperare è collegare.

Uno dei più grandi teologi cristiani, il vescovo Ireneo di Lione, ci aiuterà a riconoscere come è bella e attuale questa speranza. Ireneo nacque in Asia Minore e si formò tra coloro che avevano conosciuto direttamente gli Apostoli. Venne poi in Europa, perché a Lione già si era formata una comunità di cristiani provenienti dalla sua stessa terra. Come ci fa bene ricordarlo qui, a Roma, in Europa! Il Vangelo è stato portato in questo continente da fuori. E anche oggi le comunità di migranti sono presenze che ravvivano la fede nei Paesi che le accolgono. Il Vangelo viene da fuori. Ireneo collega Oriente e Occidente. Già questo è un segno di speranza, perché ci ricorda come i popoli si continuano ad arricchire a vicenda.

Ireneo, però, ha un tesoro ancora più grande da donarci. Le divisioni dottrinali che incontrò in seno alla comunità cristiana, i conflitti interni e le persecuzioni esterne non lo scoraggiarono. Al contrario, in un mondo a pezzi imparò a pensare meglio, portando sempre più profondamente l’attenzione a Gesù. Diventò un cantore della sua persona, anzi della sua carne. Riconobbe, infatti, che in Lui ciò che a noi sembra opposto si ricompone in unità. Gesù non è un muro che separa, ma una porta che ci unisce. Occorre rimanere in lui e distinguere la realtà dalle ideologie.

Cari fratelli e sorelle, anche oggi le idee possono impazzire e le parole possono uccidere. La carne, invece, è ciò di cui tutti siamo fatti; è ciò che ci lega alla terra e alle altre creature. La carne di Gesù va accolta e contemplata in ogni fratello e sorella, in ogni creatura. Ascoltiamo il grido della carne, sentiamoci chiamare per nome dal dolore altrui. Il comandamento che abbiamo ricevuto fin da principio è quello di un amore vicendevole. Esso è scritto nella nostra carne, prima che in qualsiasi legge.

Ireneo, maestro di unità, ci insegna a non contrapporre, ma a collegare. C’è intelligenza non dove si separa, ma dove si collega. Distinguere è utile, ma dividere mai. Gesù è la vita eterna in mezzo a noi: lui raduna gli opposti e rende possibile la comunione.

Siamo pellegrini di speranza, perché fra le persone, i popoli e le creature occorre qualcuno che decida di muoversi verso la comunione. Altri ci seguiranno. Come Ireneo a Lione nel secondo secolo, così in ognuna delle nostre città torniamo a costruire ponti dove oggi ci sono muri. Apriamo porte, colleghiamo mondi e ci sarà speranza.