Vite segnate dalla violenza dall’insicurezza e dalla fame da una sanguinosa guerra civile nella regione del Sudan lacerato

Il grido di dolore del Darfur

 Il grido di dolore  del Darfur  QUO-131
07 giugno 2025

La vita dei sudanesi nell’inferno del Darfur è devastata da violenza, insicurezza e fame. A loro è negato anche l’accesso ai servizi sanitari di base, perché la guerra ha mandato in rovina le strutture già precarie e fatiscenti.

Il grido di dolore del popolo del Darfur, nel sud-ovest del Sudan lacerato da 26 mesi di guerra civile tra l’esercito regolare e le Forze di supporto rapido (Rsf), risuona dal rapporto “Voci dal Sud Darfur” di Medici Senza Frontiere (Msf). La violenza dilagante — che dalla capitale Khartoum nel 2023 si è rapidamente estesa a queste terre storicamente segnate dall’instabilità — ha portato al collasso del sistema sanitario e una risposta internazionale inadeguata ha spinto oltre il limite le capacità di sopravvivenza di centinaia di migliaia di persone.

Sebbene al momento i combattimenti sul terreno siano cessati, almeno nel Sud Darfur, l’insicurezza è persistente: il rapporto di Msf denuncia che gli abitanti i diverse località continuano a essere vittime di gravi violenze lungo le strade, nei campi, nei mercati e persino all’interno delle proprie abitazioni. Ad aggravare la situazione, anche la violenza sessuale dilagante: solo tra gennaio 2024 e marzo 2025, Msf ha fornito assistenza a 659 persone sopravvissute ad aggressioni sessuali.

Diverse persone raccontano ai team di Msf della forte paura e preoccupazione anche nei bambini, descrivendo il proprio sentimento di impotenza e umiliazione davanti all’evidenza di non poter fare niente. «Le nostre fattorie sono completamente distrutte, non abbiamo più nulla. Mio marito è stato ucciso quattro mesi fa. Ora non ci è rimasto più niente», racconta una donna sfollata di 21 anni allo staff Msf nella località di Beleil. «Non mangio nulla da 3 giorni. Non so cosa mi potrebbe succedere se tornassi a casa. Ho paura, perché le persone che hanno ucciso mio marito potrebbero uccidere anche me».

La violenza degli scontri ha completamente eroso il sistema sanitario. Accedere a un’adeguata assistenza sanitaria è praticamente impossibile per una serie di fattori: le strutture sanitarie sono state distrutte, danneggiate o abbandonate; il personale sanitario è fuggito o non riceve più alcuno stipendio; le forniture mediche sono assenti o interrotte; infine, la popolazione locale non può permettersi i mezzi di trasporto per raggiungere le poche strutture ancora operative.

Il clima di forte insicurezza ha come conseguenza diretta la fame, poiché la minaccia di violenza ha interrotto l’accesso ai campi e alle fonti di reddito. Tra gennaio 2024 e marzo 2025, i programmi di Msf in Sud Darfur hanno assistito oltre 10.000 bambini sotto i 5 anni con malnutrizione acuta e fornito cure nutrizionali a migliaia di donne e ragazze incinte o in fase di allattamento.

La crisi nutrizionale è destinata a peggiorare ulteriormente con l’arrivo imminente della stagione delle piogge e del periodo di carestia. Con il costo del cibo alle stelle, molte famiglie riescono a mangiare solo una volta al giorno. «Dipendo solo da ciò che riesco a procurarmi giorno per giorno», ha raccontato ai team Msf una donna di 24 anni nel campo sfollati di Al-Salam. «Se riesco a trovare qualcosa, mangiamo. Se non trovo nulla, non mangiamo. La mia vita ormai va avanti così».

Le comunità locali stanno lavorando insieme per far fronte agli effetti della violenza. I vicini si sostengono a vicenda condividendo il cibo. Gruppi di giovani rimuovono macerie e ordigni inesplosi dai campi e dalle strade, acquistano medicinali per le persone sfollate nei loro quartieri. Gli insegnanti lavorano gratuitamente in edifici saccheggiati. Msf ha sostenuto iniziative delle comunità locali per gestire cucine comunitarie, offrire pasti ai bambini delle scuole e supportare i presidi sanitari gestiti da volontari. Sono state riabilitate alcune strutture sanitarie e sistemi idrici. Inoltre, Msf ha realizzato un programma per la distribuzione di cibo a 6.000 famiglie in diverse località del Sud Darfur. Questi programmi dimostrano che è possibile sostenere le iniziative locali. «Le organizzazioni locali in Darfur possiedono la conoscenza del territorio e della comunità e le competenze per fornire servizi essenziali», osserva Ozan Agbas, responsabile delle emergenze di Msf in Sudan, lanciando un appello: «Fornire alle organizzazioni locali risorse, finanziamenti e conferire loro più potere decisionale può fare una grande differenza per salvare vite umane». (valerio palombaro)