
Era quel tempo in cui
ogni speranza era indecente.
Un tacito divieto imponeva
d’essere ripetenti nel dolore
disordinare ogni cosa fino a
rovinarne la radice. Eppure.
La parola “eppure” risuonava.
Perché una bellezza latrava
le sue bande da quell’aprile.
Che aprile apriva
milioni di gemme le trasformava
in foglie d’un verde piccolo.
Eppure. Il bambino
la bambina rideva ancora.
Non era un incidente quella
bellezza diffusa, intelligente.
Quella bellezza c’era. Era lì
sotto casa impiantata e strillante
dentro tutte le piante. Nelle
sempre stupefacenti nuvole. C’era.
Dilatava il soffio respirante. E stava lì.
C’era e forse. Si nascondeva.
A noi. Ancora il capriolo appariva
tagliandoci la strada. Il tasso
col suo muso ancora scavava buche
il picchio picchiettava. Il cardellino
sul davanzale, stava lì
con brevi scatti stava. Eppure.
Tutto. Era fatto di splendore. Solo
per noi non splendeva. Ma posso assicurare
che c’era splendore e che splendeva.
Ogni giorno. Ogni ora.
Sì. Lo posso giurare davanti al tribunale
intero. La bellezza ancora. C’era.
Mariangela Gualtieri
Da «Ruvido Umano», Einaudi, 2024