La Cei propone per sabato 7 giugno una speciale Veglia di Pentecoste

Sul mondo
la discesa della pace

 Sul mondo la discesa della pace  QUO-123
28 maggio 2025

di Giovanni Zavatta

La pace si costruisce anche attraverso gesti concreti di solidarietà e momenti di penitenza e preghiera comunitari. È per questo che la Conferenza episcopale italiana, «in un momento storico contrassegnato da guerre e discordie», suggerisce di celebrare la Veglia di Pentecoste, sabato 7 giugno, «per implorare da Dio il dono di una pace piena», esortando inoltre a «ricucire i vincoli di fraternità tra le nazioni». L’Ufficio liturgico nazionale al riguardo sta predisponendo uno schema di preghiera ad hoc. Nel comunicato finale della riunione del Consiglio permanente, svoltasi ieri 27 maggio a Roma, i vescovi, sotto la guida del cardinale presidente Matteo Maria Zuppi, ribadiscono la richiesta di un cessate-il-fuoco immediato per i conflitti nel mondo, in particolare a Gaza e in Ucraina, denunciando «l’inaccettabile tributo che intere popolazioni stanno pagando e ribadendo la necessità che il diritto umanitario internazionale sia sempre garantito». La Cei conferma la sua disponibilità a «promuovere e sostenere ogni sforzo» affinché «tacciano le armi, si rilascino gli ostaggi, si trovino soluzioni politiche adeguate» in modo che «ogni popolo possa vivere in sicurezza».

L’auspicio — che è poi quello più volte espresso in questi giorni da Papa Leone XIV — è, specialmente nella Striscia di Gaza, di veder rispettata la dignità delle persone, che siano consentiti l’ingresso di aiuti senza restrizioni e l’apertura di corridoi umanitari e, soprattutto, che la comunità internazionale si attivi per porre fine alle ostilità.

Il Consiglio permanente si è confrontato poi sul prosieguo del Cammino sinodale, a seguito degli esiti della seconda Assemblea sinodale e del conseguente rinvio dell’Assemblea generale. I lavori dei gruppi di studio hanno prodotto decine e decine di osservazioni, integrazioni ed emendamenti che sono ora in fase di studio. Il cronoprogramma prevede la stesura del testo da presentare alla votazione della terza Assemblea sinodale, il 25 ottobre, a cui seguirà l’Assemblea generale della Cei che si terrà ad Assisi dal 17 al 20 novembre. «I nuclei del nuovo testo, che comprenderà anche le proposte da votare, restano i tre grandi capitoli sui quali si sono concentrate le Chiese in Italia in questo quadriennio», ovvero «missione nello stile della prossimità, formazione alla vita e alla fede, corresponsabilità nella partecipazione e gestione delle strutture».

Nel comunicato finale trovano spazio altri argomenti affrontati ieri dal cardinale Zuppi nell’introduzione dei lavori, come le questioni della cittadinanza e del lavoro (al centro del prossimo referendum in Italia). Rispetto alla prima i presuli, esprimendosi per una riforma complessiva della legge, rinnovano la richiesta di «una visione larga che eviti mortificazioni della dignità delle persone», cercando cioè di «integrare nella pienezza dei loro diritti coloro che condividono i medesimi doveri e valori». Sempre in tema di rispetto della dignità della persona, l’episcopato, riferendosi a recenti sentenze della Corte costituzionale, evidenzia l’urgenza che essa sia sempre tutelata e promossa «dal concepimento alla morte naturale». Ciò va garantito in ogni fase della vita, in particolare nei momenti di massima vulnerabilità: è il caso dell’«interesse primario del bambino a essere incluso in un progetto genitoriale che comprende la figura materna e quella paterna», così come del momento terminale della vita che deve essere vissuto «con dignità nella cura e nell’accompagnamento amorevole». A tal fine la Cei lancia un accorato appello a dare completa attuazione alla legge sulle cure palliative.

Preoccupazione infine per un’altra emergenza che «continua a interpellare la società e le comunità ecclesiali»: la situazione nelle carceri. La Cei rinnova la proposta, lanciata in occasione del Giubileo, di assumere «iniziative che restituiscano speranza; forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società; percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un concreto impegno nell’osservanza delle leggi» (Spes non confundit, 10). Da qui l’invito ad adottare misure alternative e provvedimenti di clemenza.