Il cardinale Grech a conclusione dell’assemblea dei Superiori generali (Usg) a Sacrofano

La vita consacrata
motore di speranza
in una Chiesa sinodale

 La vita consacrata  motore di speranza in una Chiesa sinodale  QUO-119
23 maggio 2025

di Salvatore Cernuzio

La centralità della Chiesa locale, per far emergere l’immagine di una Chiesa non come «monolite» imposto dall’alto, ma come «Popolo di Dio che si incarna negli innumerevoli popoli della terra». Poi l’esercizio dell’autorità nella vita consacrata, con tutte le distorsioni che portano ad abusi, oltre che sessuali anche di potere e di coscienza, da contrastare con un cambio di mentalità («mentalità maschilista» nel caso della vita consacrata femminile), di stile, di cultura ecclesiale. Infine il primato della missione, per realizzare il “sogno” di Papa Francesco condiviso da Leone XIV di una Chiesa perennemente «in uscita», che modifichi e rinnovi consuetudini, orari, linguaggio, strutture, così da diventare «canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale».

È un intervento di ampio respiro, snodato a partire da tre fondamentali direttrici per presente e futuro della vita consacrata nel contesto del cammino sinodale, quello pronunciato oggi dal cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi, all’Assemblea dell’Unione dei Superiori generali (USG). L’evento, al via a Sacrofano il 21 maggio scorso, sul tema Testimoni di speranza, si è concluso proprio con l’intervento del porporato che ha poi celebrato la messa con tutti i partecipanti.

Anzitutto, Grech nella sua relazione ha ricordato il momento storico che la Chiesa universale sta vivendo con l’inizio del Ministero petrino di Leone XIV. Un Pontefice che sin dal primo saluto dalla Loggia delle Benedizioni «ha dichiarato la sua volontà di collocarsi nella scia del rinnovamento promosso dal Concilio Vaticano II» e ha incoraggiato «ad andare avanti nel cammino della sinodalità».

Un processo che, lungi dall’essere concluso, prosegue nella tappa della «recezione». La «più importante», ha detto Grech, «perché non basta condurre riflessioni, stendere documenti, approvarli a larga maggioranza», ma serve una «appropriazione vivente» dell’insegnamento della Chiesa da parte del Popolo di Dio. Ed in quest’ottica riveste un ruolo centrale la vita consacrata con le sue molteplici ramificazioni in ogni parte del mondo. Essa è «motore di speranza in una Chiesa sinodale», ha sottolineato infatti il cardinale, ed è «profezia» nelle Chiese locali che tutto il processo sinodale ha cercato di valorizzare.

Questo perché «la Chiesa di Gesù Cristo non è una realtà che sovrasta i popoli della terra, imponendosi dall’alto come un monolite estraneo alle loro culture». Essa, piuttosto, «è il Popolo di Dio che si incarna negli innumerevoli popoli della terra, assumendo un volto specifico e una voce inconfondibile in ciascun luogo dove arriva il cristianesimo», ha rimarcato il segretario generale del Sinodo.

Nella prima fase dell’itinerario sinodale è stato chiesto a consacrati e consacrate di camminare insieme alle Chiese locali in cui vivono ed esercitano il ministero. Un «reciproco arricchimento», ha commentato Grech, perché diocesi e parrocchie hanno potuto beneficiare di tradizioni e consolidati stili sinodali degli Istituti religiosi, mentre questi ultimi hanno sperimentato che «il vero “camminare insieme” è sempre un camminare con tutta la Chiesa».

Su questa scia il porporato ha richiamato le pratiche di vita sinodale e di discernimento comunitario degli Istituti religiosi, quali «autentici laboratori di sinodalità»: le modalità di decisione, le votazioni ed elezioni, la ricerca del consenso, la tensione verso l’unanimità. Tutte «formidabili ricchezze» della vita consacrata che «possono e devono diventare stile anche delle nostre Chiese locali», ha affermato il porporato.

Focus, poi, sul delicato nodo dell’autorità nella Chiesa, con il Sinodo che ha fatto emergere «voci franche intorno a una comprensione e un esercizio distorti dell’autorità ecclesiale, anche nell’ambito della vita consacrata». Il processo sinodale, ha spiegato Grech, «ci ha aiutato a capire che gli abusi nella Chiesa non riguardano solo l’ambito sessuale, dal momento che quest’ultimo è in realtà l’esito estremo e drammatico di molte altre forme di violazione della coscienza e della libertà personale».

L’abuso sessuale è, in effetti, una piaga che tocca molti Istituti religiosi, ha annotato il cardinale. E in particolare nel caso della vita consacrata femminile, «gli abusi sono al tempo stesso la manifestazione patologica di una mentalità maschilista, che — nonostante i progressi fatti nell’ultimo secolo in ordine all’emancipazione delle donne — continua ad affliggere le nostre società e anche le nostre comunità ecclesiali». Sul tema Grech ha richiamato il Documento finale della Seconda sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo, secondo il quale «la lotta alla piaga degli abusi non può essere condotta solo con gli strumenti, pure necessari, della repressione e della sanzione. Occorre un cambiamento di mentalità, di stile, di cultura ecclesiale, che coinvolga anzitutto il nostro modo di concepire e di vivere l’autorità, a tutti i livelli della Chiesa».

«Solo modelli di leadership più capaci di collaborazione tra le parti, di condivisione delle responsabilità, di trasparenza e di rendicontazione — in una parola, di sinodalità — potranno sradicare in profondità quelle tendenze anche sottili all’abuso che proprio negli Istituti religiosi hanno spesso trovato un terreno di coltura», ha chiosato il cardinale. Da qui un’ultima riflessione sulla dimensione missionaria della conversione sinodale della Chiesa. Quindi la spinta al Sinodo a «uscire fuori dalle aule», «protendersi verso l’umanità e il mondo», «delineare il volto di una Chiesa non introversa, cioè ripiegata sui suoi meccanismi interni, ma estroversa, cioè meglio attrezzata per l’opera fondamentale dell’evangelizzazione in quest’ora della storia». Non poteva mancare, in tale orizzonte, un richiamo della Evangelii gaudium di Papa Francesco, documento programmatico in cui il Pontefice argentino ha cristallizzato il «sogno» di un profondo rinnovamento delle istituzioni ecclesiali perché «diventino tutte più missionarie», perché la pastorale ordinaria sia «più espansiva e aperta», perché gli agenti pastorali siano «in costante atteggiamento di “uscita”».

Questo “sogno” di Papa Bergoglio «è diventato anche il “sogno” del Sinodo», ha affermato Grech, e oggi interpella in modo particolare gli istituti religiosi che da sempre, grazie alla dedizione, al coraggio e alla generosità dei loro missionari, molti chiamati pure al martirio, hanno portato il Vangelo fino ai punti più estremi del pianeta.

La chiamata odierna per tutti i missionari è di essere, dunque, «avamposti del rinnovamento missionario di tutta la Chiesa»: le vostre comunità, ha concluso il segretario generale, «possono contribuire a rendere il cristianesimo contemporaneo più capace di mettere il Vangelo in dialogo con tutte le culture, di raggiungere con la Parola tutte le periferie, di suscitare partecipazione e protagonismo laddove persone e popoli sono ancora costretti all’emarginazione e all’oppressione, di stendere ponti di pace laddove trionfano ancora le ragioni del conflitto».