Il racconto

Un grande abbraccio di gioia e speranza

 Un grande abbraccio di gioia e speranza  QUO-117
21 maggio 2025

di Fabrizio Peloni

Migliaia di fedeli, oltre quarantamila, molti dei quali con in mano una bandiera in rappresentanza della propria nazione, fatta sventolare. Altri con striscioni in varie lingue alzati al cielo o fissati sulle transenne. Piazza San Pietro si presentava così oggi, mercoledì 21 maggio, fin dalle prime ore della mattinata, nell’attesa dell’ingresso di Papa Leone XIV per la prima udienza generale del Pontificato.

In una giornata di maggio inconsuetamente velata da nuvole, canti e inni intonati dai vari gruppi arrivati da tutto il mondo, hanno scaldato l’atmosfera. A inebriare di gioia i cuori dei presenti è stato poi lo stesso Papa Prevost, che alle 9.45 ha iniziato un lungo giro sulla vettura bianca scoperta tra i vari reparti della piazza. Tante le soste per salutare i fedeli, per scambiare sorrisi, per sfiorare o a volte stringere mani protese, per accarezzare bambini o benedire neonati presi in braccio dalle guardie svizzere o dai gendarmi al seguito della papamobile. Il tutto accompagnato dall’entusiasmo della folla, i cui applausi scroscianti hanno poi sottolineato vari passaggi della catechesi del vescovo di Roma e dei suoi saluti ai gruppi varie nazionalità.

In prima fila una sessantina di fedeli della parrocchia di Sant’Ippolito martire, giunti da Atripalda, diocesi di Avellino. «I nostri parrocchiani ci insegnano che la presenza del Papa dà quella gioia che ogni cristiano cerca, un dono per noi per portare fiducia e speranza nella loro vita» dice ai media vaticani il parroco Luca Monti, cui fa eco don Vincenzo Del Franco, parroco nella vicina Chiusano San Domenico: «In tempi incerti nella storia della Chiesa ci sono stati sempre grandi Papa Leone».

Accanto a loro un giovane seminarista della diocesi irpina, Antimo Femiano, che si dice ancora profondamente colpito dall’appello alla preghiera per le vocazioni nella Chiesa che il Papa ha fatto nel suo primo discorso. «Noi giovani seminaristi ci siamo sentiti amati e chiamati a donare la vita per la sequela di Cristo».

Alla destra del gruppo irpino, circa cinquanta persone, ognuna con una bandierina del Costa Rica, appartenenti all’associazione “Club de paz”, attiva nell’assistenza alle persone indigenti della capitale San José. Sono venute a Roma, come raccontato dalla presidente Rosibel Valverde, per «essere vicini al Papa, dopo essere stati a Fátima, Lourdes e Torino». Proseguiranno poi il pellegrinaggio giubilare mariano nelle basiliche papali di Roma, per dirigersi quindi a San Giovanni Rotondo, a Lanciano e infine a Medjugorje.

Poco distanti dai costaricani, alcuni fedeli del gruppo di preghiera Santa Rita da Cascia della diocesi di Palestrina. Alla vigilia della memoria liturgica della santa canonizzata da Leone XIII il 24 maggio 1900, esattamente 125 anni fa, «siamo venuti per chiedere al Papa di benedire il nostro quadro raffigurante santa Rita e donargli delle rose rosse».

Alla presenza di numerosi vescovi e dei cardinali Gualtiero Bassetti, Américo Manuel Alves Aguiar e John Ribat, Leone XIV ha aperto la catechesi annunciando la prosecuzione del ciclo di catechesi giubilari sul tema «Cristo Nostra Speranza», inaugurato da Papa Francesco il 18 dicembre scorso, alla vigilia dell’Anno Santo, e riprendendo, la riflessione «sulle parabole di Gesù, che ci aiutano a ritrovare la speranza». Proprio Bergoglio nell’ultima sua catechesi, il 16 aprile scorso, aveva iniziato infatti la riflessione sulle parabole, dopo aver precedentemente dedicato otto catechesi all’infanzia di Gesù e quattro agli incontri dello stesso narrati dai Vangeli. E al Pontefice argentino, nel trigesimo della morte, è andato il pensiero di Papa Prevost. Sono passati quasi cento giorni già dall’ultima udienza generale pubblica in cui il predecessore aveva incontrato i fedeli nell’Aula Paolo VI il 12 febbraio, due giorni prima del ricovero al Gemelli.

E proprio per ricordare Francesco, nell’imminente decimo anniversario della Laudato si’, la lettera enciclica sulla cura della casa comune promulgata il 24 maggio 2015, dalla Repubblica Ceca è arrivato il ministro dell’ambiente Petr Hladik. Accompagnato dal suo vice e dall’ambasciatore presso la Santa Sede, Pavel Svoboda, ha donato a Leone XIV una Croce realizzata con materiale riciclato opera di volontari della Caritas di Broumov. Inoltre ha chiesto al Pontefice di benedire una targa commemorativa per la nascita di un’area paesaggistica protetta e la prima pietra di una cappella intitolata a San Giacomo che verrà edificata completamente in legno a Zubcice, dove ancora non esiste un luogo di culto.

Significativa inoltre la partecipazione all’udienza di padre Rifat Bader, proveniente dalla Giordania: una terra di speranza per la promozione della pace, della giustizia e del dialogo interreligioso. Il sacerdote dirige ad Amman il Centro cattolico per gli studi e i media, affiliato al Patriarcato latino di Gerusalemme, e il sito abouna.org, network in arabo e in inglese, con commenti e articoli dal Medio oriente. «Sin dal primo discorso — ha raccontato padre Bader — e poi oggi con il vibrante appello per Gaza, Leone XIV ha posto al centro la promozione della pace basata sul dialogo tra le nazioni e le comunità di fede, tramite la costruzione di ponti, espressione quest’ultima in continuità con Bergoglio».

Tra gli ultimi a salutare Papa Prevost è stato il confratello agostiniano Paolo Benedik, per tredici anni priore della comunità della sacrestia vaticana — fino a settembre dello scorso anno — e oggi a Kosice in Slovacchia. «La serenità e la tranquillità sono le caratteristiche che più colpiscono e che fanno di Leone XIV un uomo del dialogo», ha detto, sottolineando come «subito abbia posto la difesa della dignità umana e della famiglia a presupposto basilare per la costruzione della pace, disarmata e disarmante come lui ci ha detto». Inoltre, aggiunge Benedik, egli sta «rafforzando quegli insegnamenti sociali della Chiesa formulati da Leone XIII a cavallo tra il XIX e il XX secolo». E oggi, conclude l’agostiniano, «in concomitanza con la nuova rivoluzione industriale legata agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, la sua figura di uomo di unità e concordia sarà importante anche per il rispetto delle risorse umane». (fabrizio peloni)