
di Isabella Piro
«Un testimone di grande carità pastorale»: così Leone XIV ha definito Camille Costa de Beauregard, sacerdote di Chambéry beatificato nel pomeriggio di sabato 17 maggio in Francia. Il Papa ne ha ricordato la figura e l’operato durante la preghiera mariana del Regina Caeli l’indomani, domenica 18 maggio, in piazza San Pietro, al termine della messa per l’inizio del ministero petrino.
La cerimonia di beatificazione di Costa de Beauregard si è svolta nella cattedrale di Chambéry, nella Savoia francese, luogo in cui il presbitero ha consumato la propria esistenza al servizio del prossimo, in particolare degli orfani. Ha presieduto il rito l’arcivescovo Celestino Migliore, nunzio apostolico in Francia e rappresentante del Pontefice.
Alla presenza del postulatore della causa di beatificazione — il salesiano Pierluigi Cameroni, che ha dato lettura del profilo biografico di Camille — e di circa quattromila fedeli, molti dei quali riuniti anche all’esterno della chiesa, sotto una tensostruttura dotata di maxi-schermi, si è svolta la prima beatificazione del pontificato di Leone XIV.
Sull’opera del nuovo beato si è soffermato anche l’arcivescovo di Chambéry, monsignor Thibault Verny, all’omelia: Camille, ha detto, «mostra l’urgenza di offrire una visione del futuro e della speranza ai giovani, a condizione che ce ne prendiamo cura e li guardiamo con gli occhi di Gesù». Del sacerdote vissuto tra il 1841 e 1910, il presule ha ricordato «la scelta radicale» della vocazione e la dedizione totale alla cura dei bambini orfani, per i quali edificò orfanotrofi e strutture di accoglienza, consacrandosi interamente alla loro educazione.
«Il cammino verso la vera grandezza passa attraverso il servizio umile — ha osservato ancora l’arcivescovo —. In una società che valorizza la forza e il successo, Gesù ci invita a scoprire la sua presenza nei più piccoli». Tale invito non è risuonato nel cuore del beato «come una fiaba», bensì come una concreta esortazione a imitare il Signore, riconosciuto nel volto di più piccoli, soli e abbandonati.
«Camille — ha proseguito il presule — ha lasciato che l’amore, la carità di Gesù irradiassero attorno a lui e toccassero i cuori» del prossimo, «non ha tenuto per sé il tesoro della fede, ma lo ha condiviso senza riserve». In questo modo, «la sua vita è diventata un Vangelo vivente» perché egli «non era un extraterrestre», ma «semplicemente si è lasciato plasmare dal Signore». Paziente e tenace nella sua opera educativa, il nuovo beato dimostra che la santità «non è frutto di sforzi sovrumani, ma di una fedeltà quotidiana al Vangelo»; essa è «alla portata di tutti» e «consiste nel lasciare agire Dio in noi e attraverso di noi».
Attraverso il suo apostolato, ha rimarcato ancora l’arcivescovo Verny, Camille «ha aperto un cammino di speranza non solo ai bambini accolti, ma anche a tutti coloro che lo hanno aiutato» nella sua opera. Per questo, egli «incrocia i nostri passi. Viene a scuotere le nostre abitudini, le nostre concezioni spesso troppo ristrette», invitando a «vivere secondo il Vangelo, appoggiandoci sulla grazia del Signore».
Particolarmente suggestivi durante la celebrazione lo svelamento del ritratto del nuovo beato, salutato dai fedeli con un lungo applauso, e l’arrivo delle sue reliquie all’altare. Provenivano da Bocage, l’orfanotrofio fondato da Costa de Beauregard, nonché luogo della sua sepoltura. A trasportarle sono stati alcuni giovani con indosso una felpa rossa, sulla quale spiccava in bianco la scritta: «Più la montagna è alta, più noi vediamo lontano». Era il motto di Camille Costa de Beauregard, insegnamento di vita che “il padre degli orfani” ha lasciato al mondo.