Gli anni peruviani di padre Prevost trascorsi come parroco a Trujillo

L’amore per i giovani
che incendiò cuori
e cambiò vite

 L’amore per i giovani che incendiò cuori e cambiò vite  QUO-113
16 maggio 2025

di Federico Piana

Nei primi anni ’90 Robert Francis Prevost fu parroco della chiesa di Nuestra Señora de Montserrat che lui contribuì a fondare nel quartiere Monserrate a Trujillo, la seconda città più popolosa del Perú. David Carranza, a quell’epoca, era poco più che un ragazzo ma oggi si ricorda ancora con nitidezza di quel pastore mite e sorridente che lo aveva invogliato a frequentare ogni tipo di attività, da quelle puramente spirituali a quelle più smaccatamente ricreative: «Per tutti gli anni in cui fu parroco — racconta a «L’Osservatore Romano» — ho potuto vivere da vicino la sua umiltà e il suo servizio soprattutto attraverso il gruppo giovanile chiamato “Jóvenes Amigos de Cristo”, i giovani amici di Cristo che lui promosse con forza. È stato un periodo che ha segnato in modo definitivo la mia vita e la mia fede».

Il rapporto del futuro Leone XIV con i giovani era improntato soprattutto sulla vicinanza, sulla preghiera profonda, sulla capacità molto speciale di saper accogliere, ascoltare e guidare. Le sue parole, spiega Carranza, «erano ferme ma calorose. Il suo modo di predicare ci faceva sentire che Cristo era davvero presente tra noi. Non era solo un sacerdote, era un autentico pastore di pecore. Per me era una guida, un punto di riferimento e, col tempo, è diventato un vero amico spirituale».

Ciò che attraeva i ragazzi e le ragazze della parrocchia di Nostra Signora di Montserrat verso quel missionario agostiniano dall’aria ascetica e serena era la sua capacità di trasformare profondamente le esistenze: «In noi ci credeva davvero. Ci dava spazio, ci comprendeva, ci incoraggiava ad assumerci responsabilità nella Chiesa. Non ci trattava come un gruppo qualsiasi ma come il cuore di una Chiesa viva. Grazie a lui, molti di noi hanno imparato cosa significa vivere in comunità, condividere la fede con gioia, organizzare ritiri, evangelizzare». Per esempio, proprio la vita di David Carranza ha subito una svolta davvero inaspettata: «Accadde quando nel gruppo giovanile creato da padre Prevost io incontrai Cynthia che oggi è mia moglie. Ci siamo conosciuti condividendo la fede, il servizio, l’orazione. Ciò che abbiamo vissuto è stato così autentico che oggi continuiamo a camminare nella fede, educando le nostre figlie con gli stessi valori che il parroco seminò in noi».

Ma la rivoluzione Prevost non la provocò solo nel cuore e nelle vite dei giovani: sotto la sua direzione, l’intera parrocchia è diventata la casa di tutti; si sono formati molti gruppi pastorali; le sue strutture si sono decentralizzate in altre zone della città; sono state promosse decine e decine di incontri di fede e intense attività di solidarietà. «Insomma — aggiunge David — la parrocchia ha smesso di essere solo un tempio e si è trasformata in una comunità viva, gioiosa e impegnata. L’esempio di padre Prevost ha risvegliato in molti la vocazione verso la Chiesa».

Il giorno in cui è stato eletto il nuovo Papa, Carranza compiva 43 anni e mai si sarebbe aspettato lo straordinario regalo di sapere che era stato scelto proprio il suo ex parroco: «Ho provato un misto di stupore, gratitudine e orgoglio. Era impossibile non pensare a quei giorni della gioventù, alle omelie, ai suoi abbracci, al suo sorriso affettuoso. Sentivo che lo Spirito santo aveva posto i suoi occhi su un vero pastore. E non ero l’unico: molti di quelli che lo conoscevano si sono ritrovati dopo tanti anni semplicemente per pregare per lui e rendere grazie. Molti hanno pianto di commozione. Tutti sentivamo che una parte del nostro cuore era lì, a Roma».

Per quei giovani di molto tempo fa diventati padri e madri di famiglia, Leone XIV rimarrà per sempre padre Robert, il pastore che ha insegnato loro a vivere il Vangelo per costruire il Regno di Dio. «Prevost — conclude convinto Carranza — non è un uomo di potere, è un uomo del Signore. Conosce le sfide delle piccole comunità, sa cosa significa costruire dal basso. La sua esperienza pastorale, il suo amore per i giovani e il suo spirito agostiniano possono dare speranza a una Chiesa che ha bisogno di tornare all’essenziale».