L’omaggio al vescovo di Ippona del Monastero dei Santi Quattro Coronati

I biscotti di Agostino

 I biscotti  QUO-110
13 maggio 2025

di Silvia Guidi

Teologia pura in un sacchetto di carta profumato di burro e zucchero. Teologia che diventa vita quotidiana, biscotti caldi, appena sfornati, da mangiare mentre si rientra a casa, ripensando alle parole ascoltate durante la messa, o semplicemente alla bellezza della liturgia, agli affreschi dell’abside, piena di colori, al buio sciabolato di luce dello splendido San Sebastiano caravaggesco custodito all’interno della chiesa. Biscotti fatti a forma di cuore e con una “v” disegnata al centro, l’iniziale della parola Vulnerasti, tratta dalla frase Vulnerasti cor meum, hai ferito il mio cuore.

San Valentino non c’entra, siamo dalle monache agostiniane del Monastero dei Santi Quattro Coronati a Roma e il “festeggiato” è sant’Agostino.

Regalare biscotti fatti in casa è un modo per prendere alla lettera i consigli della sua Regola, «emanate dalla santità della vostra convivenza il buon profumo di Cristo Gesù» e «amate con tutto il cuore (...) avendo tutte un cuore solo e un’anima sola».

Nel sito internet del convento c’è ancora l’avviso, datato 28 agosto 2024: «Amici carissimi, vi aspettiamo per le feste di fine estate! Il 27 agosto, nella festa di santa Monica celebreremo l’Eucaristia (...) e a seguire pregheremo insieme i Primi Vespri della Solennità del Santo Padre Agostino. Il 28 agosto, giorno della Solennità, la Preghiera delle Lodi sarà alle ore 8, l’Ora Media di Sesta alle ore 12.30; i Secondi Vespri alle ore 18 e alle 18.30 celebreremo l’Eucaristia della Solennità. Al termine della celebrazione distribuiremo il dolcetto Vulnerasti! La vita di Agostino, la sua conversione e la sua santità ci interpellano ancora. Clicca qui per seguirne il racconto!».

Nel video che appare cliccando il link, le monache raccontano la vita e la conversione del loro fondatore, ognuna scegliendo di dare voce a un episodio o una frase tratta dalle opere del vescovo di Ippona, guardando dritto negli occhi l’interlocutore. Con semplicità, senza paura di chiamare le cose con il loro nome.

Il male “fa male”, distrugge, mortifica, spegne la gioia, il bene spalanca continuamente orizzonti nuovi, fa fiorire e innesca fioriture impreviste anche negli altri, secondo tempi e circostanze imprevedibili.

Un video girato all’interno del monastero, breve ed essenziale. Anche in questo caso, una modalità concreta — un racconto e un invito, si legge nel sito delle suore nel testo che accompagna la clip — per mettere in pratica uno dei suggerimenti del fondatore, «Se amate Dio, trascinate tutti all’amore di Dio» (Agostino, Commento ai salmi, Salmo 33).

Il simbolo stilizzato di un cuore trafitto da una freccia è il logo del monastero dei Santi Quattro, molto amato dai romani, un punto di riferimento imprescindibile per il quartiere di San Giovanni in Laterano. È difficile da dimenticare il grande striscione con la scritta «Coraggio, non temete!» che le monache appesero a una finestra esterna del convento durante i giorni — segnati da confusione, paura, smarrimento, senso di impotenza — della pandemia da covid-19. Una immagine così tante volte condivisa online e così amata da chi conosce e sostiene la comunità da essere stata inserita nel profilo Instagram del Monastero.

L’attuale convento dei Santi Quattro è uno scrigno di opere d’arte dal valore inestimabile — dagli affreschi medievali del ciclo delle stagioni e del lavoro dell’uomo dell’Aula gotica, scoperti solo vent’anni fa, all’Oratorio di San Silvestro, decorato con immagini che descrivono la Donazione di Costantino; per secoli, quella che costeggiava il convento era l’unica via che collegava la basilica del Vaticano con il Laterano.

Ma torniamo ai biscotti Vulnerasti distribuiti gratuitamente dopo la messa, il 28 agosto scorso, come dolce promemoria delle parole del festeggiato. Qualche mese dopo sono diventati una spiegazione ante litteram dello stemma di Papa Leone XIV; il cuore è un simbolo caro agli agostiniani, in quanto sintesi visiva dell’incessante ricerca dell’uomo di una risposta profonda, non superficiale e provvisoria alle sue domande, del viaggio interiore che ciascuno deve intraprendere nel fondo di se stesso.

Vulnerasti cor meum verbo tuo (“La tua parola ha ferito il mio cuore”); la freccia indica l’amore di Dio che ferisce, spacca equilibri consolidati, spazza via abitudini e comfort-zone ma contemporaneamente infonde nuova vita e “apre” la libertà dell’anima a tutto ciò che non nasce da se stessa, fino a renderla capace di ascolto e di empatia.

Non a caso anche una delle statue che decorano il Ponte Sant’Angelo, a Roma, è dedicata a questo tema. Vulnerasti cor meum si legge sul basamento dell’angelo che ha in mano una lancia, segno della Passione di Cristo, ma anche immagine dell’amore mistico (Teresa d’Ávila insegna).

I seicenteschi messaggeri della Passione sui due lati del ponte che fa arrivare i pellegrini a Castel Sant’Angelo avevano il compito di accompagnare e sostenere la preghiera dei fedeli e far crescere la consapevolezza di Chi stavano per incontrare, nella basilica di San Pietro, meta del loro cammino. La Chiesa, nella sua storia millenaria, è stata sempre ben consapevole che l’uomo ha bisogno di segni visibili per intuire l’invisibile. Segni concreti, come un sacchetto di biscotti caldi ricevuto in regalo. O dolci, profumati e pieni di vitamine come un cesto di agrumi appena staccati dall’albero. «Amici carissimi — si legge in un messaggio del dicembre 2023 — l’orto quest’anno è stato generoso con noi: la raccolta di limoni e mandarini è stata ricca e abbondante! I frutti sono genuini, profumati e non trattati con sostanze chimiche. Vogliamo condividerli con voi: potrete riceverli in un sacchetto della portineria del monastero. Lasciandoci un’offerta potrete sostenere la vita della comunità anche con poco».

Nel sito internet delle suore si parla spesso — anche in questo caso, ante litteram — di lotta disarmata alla mentalità del mondo. «Ecco chi siamo — si legge nel sito del convento dei Santi Quattro — monache agostiniane, donne disarmate che sfidano l’individualismo con la tessitura paziente della comunione; consacrate che, come tutti, anelano alla bellezza e che hanno come orizzonte della propria preghiera il paesaggio urbano con i suoi rumori assordanti e le sue desolazioni silenziose, le sue gioie, ricchezze, speranze e angosce, i suoi deserti di solitudine e le sue folle di anonimi».

Si può essere eremiti anche nel cuore di una metropoli «la fede ci insegna che Dio vive nella città — scrivono le suore — e le ombre che segnano il quotidiano delle città, violenza, povertà, individualismo ed esclusione, non possono impedirci di cercare e di contemplare il Dio della vita».

Come il sale, invisibile in un piatto, ma in grado di valorizzare ogni sapore, «come il lievito nella pasta che compie nel silenzio e nel buio la sua opera, come la Città di Dio nella città degli uomini, così la vita contemplativa agostiniana in Roma».

Una clausura, quella delle monache dei Santi Quattro, che è, di fatto, un permanente abbraccio al mondo. «Carissimi amici — si legge in un messaggio del dicembre scorso — vi invitiamo a pregare con noi i Vespri d’Avvento! Ogni Sabato di Avvento (...) per aprire le serate di questo freddo dicembre romano: la preghiera tutto precede e tutto accompagna e perché no, anche il sabato sera, forse prima di uscire con gli amici o prima di un concerto… una sosta nella preghiera può farci vivere meglio ogni cosa!». Una sosta, anche veloce, nella preghiera; un rapido antidoto a quella fuga infinita da noi stessi che, così spesso, ci fa perdere di vista l’essenziale.