Le origini dell’Ordine di Sant’Agostino tra contemplazione e pastorale missionaria

I frati di Papa Leone XIV

 I frati   QUO-108
10 maggio 2025

di Pierantonio Piatti

«Fratelli carissimi, si ami anzitutto Dio e quindi il prossimo (…) e abbiate una sola anima e un sol cuore (…)» (Regula Augustini I, 1) così che «su tutte le cose di cui si serve la passeggera necessità, si eleverà l’unica che permane: la carità» (Regula Augustini V, 31).

Questa sintesi sapienziale della vita comune, innestata sul primato evangelico dell’Amore, elaborata da Agostino d’Ippona (354-430) è stata veicolata, nei secoli, attraverso due versioni della sua Regola: la Regula ad servos Dei o Praeceptum, destinata al monastero per i laici di Ippona tra il 391 e il 397 o ai monaci di Cartagine verso il 400 o ancora al monastero di Adrumeto tra il 426 e il 428, e la sua Lettera 211, indirizzata nel 423 alla comunità di monache di Ippona.

Insieme alla Regola, a permeare le future idealità della vita consacrata contribuisce in modo determinante un celebre trattato di Agostino, il De opere monachorumSul lavoro dei monaci –, sorta di summa, stesa tra il 399 e il 401, della dottrina agostiniana sul lavoro manuale diffusa in tutta la sua opera e nella quale il Vescovo di Ippona mette al riparo l’ascesi cristiana da qualsiasi forma di spiritualizzazione, rivolgendosi in particolare ad alcuni monaci della diocesi di Cartagine che sostenevano che il lavoro paolino (2 Tessalonicesi 3, 10) dovesse essere interpretato come preghiera e lettura di testi sacri, rifiutando il lavoro manuale e desiderando vivere unicamente di oblazioni da parte dei fedeli. Ancora oggi il richiamo paterno affidato al capitolo 28.36 dell’opera conserva tutta la sua potente e autorevole forza di richiamo a una credibile testimonianza di vita evangelica: «(…) Siate dunque animati da sentimenti di comprensione e di carità: mostrate al mondo che entrando nella quiete del monastero non siete andati a cercarvi un modo facile di tirare avanti la vita, ma avete ricercato il Regno di Dio attraverso la via stretta e difficoltosa propria di questa istituzione. Il motivo di lavorare che si presenta a voi è lo stesso che si presentava all’apostolo Paolo: togliere i pretesti a chi di pretesti va a caccia, in tal modo quanti stan lì per essere asfissiati dal lezzo che emana da loro si sentano rinvigoriti al profumo della vostra buona condotta».

La spiritualità agostiniana informò, con la sua esigente e al contempo comprensiva pedagogia che ha per fonte e culmine la carità, tutta la tradizione della vita comunitaria successiva, permeandola notevolmente in termini di equilibrio ascetico e di fiduciosa attitudine antropologica nella possibilità del discepolo di Cristo di orientare la propria vita all’amore immolato e generatore di resurrezione del Figlio di Dio. Lo testimoniano le profonde e acclarate risonanze agostiniane nella composizione delle due regole di san Cesario di Arles ai primi del VI secolo, e ancora nella Regola del Maestro (500 ca.), nella Regola di san Benedetto (530 ca.), in quella dei santi abati Paolo e Stefano (570 ca.), nella Regola di area francese del monastero Tarnatense (550 ca.) e nel corpus delle regole monastiche spagnole – De institutione virginum di san Leandro di Siviglia (600 ca.), Regula monachorum di sant’Isidoro (615-624), Regula monachorum di san Fruttuoso di Braga (630-635) e sua seconda recensione conosciuta come Regula communis (665-680).

È a questa grande e consolidata tradizione agostiniana che ispirano la loro vita quotidiana numerose comunità eremitiche di matrice originariamente laicale che vivificano ed evangelizzano i contesti rurali ed extraurbani dell’Italia centrale del Duecento, capillarmente diffuse tra Toscana – in particolare nelle province di Lucca e Pisa ove già nel 1228 nasce la prima federazione di eremi agostiniani, la Congregatio Tredecim cellarum, nonché nell’area senese –, Umbria, Marche e Lazio.

Da queste comunità di severi eremiti, tuttavia vicini al popolo e caratterizzati da una entusiasta sensibilità pastorale, nasce l’Ordine dei Frati Eremiti di sant’Agostino, universalmente conosciuti come Agostiniani, nel quale il Santo Padre Leone XIV è entrato come novizio il 1° settembre 1977 e del quale è stato Priore Generale per due sessenni, dal 2001 al 2013.

A questi eremiti-missionari, divenuti poi uno dei più noti Ordini mendicanti, insieme ai Francescani e ai Domenicani, la Sede Apostolica ha guardato fin dalle origini con speranza e confidenza, favorendone il consolidamento e la fortuna ecclesiale. Se, ispirati ad Agostino, i buoni frati eremiti potevano annoverare forti figure carismatiche già ai loro albori ma non un unico istitutore, si può a ragion veduta affermare che i loro “fondatori” siano stati proprio i Pontefici romani: Innocenzo IV (1195-1254), che nel 1243 nominò il cardinale Riccardo degli Annibaldi protettore delle congregazioni eremitiche di Toscana e soprattutto sancì nel 1244 la cosiddetta Parva unio ovvero la federazione degli eremiti agostiniani della Tuscia, e Alessandro IV (1199-1261), che il 9 aprile 1256, con bolla Licet Ecclesiae Catholicae, ratificava la Magna unio delle cinque compagini eremitiche costitutive dell’Ordine dei Frati eremiti di sant’Agostino – Eremiti della Tuscia, Guglielmiti, Giamboniti, Eremiti di Monte Favale, Eremiti di Brettino –, confermando il progressivo orientamento mendicante dell’Ordine attraverso l’apostolato e con la concessione del voto di povertà spontanea. E sarà Giovanni XXII (1244-1344), con la bolla Veneranda sanctorum patrum del 20 gennaio 1327, a confermare la genetica filiazione spirituale dei Frati con il santo di Ippona, accordando loro di fondare un convento a Pavia, presso il sepolcro del loro amato sant’Agostino, affinché i religiosi possano vivere «uniti come membra al capo, come figli al padre, come discepoli al maestro e come soldati al proprio capitano (…) con la protezione apostolica in intimo godimento uniti a Dio e allo stesso Santo» (L. Empoli, Bullarium Ordinis, Romae 1628, 197).

Dalla feconda rinascenza due-trecentesca del carisma agostiniano attraverso l’esperienza eremitico-apostolica dei Frati eremiti di sant’Agostino è nato non soltanto uno dei più insigni Ordini mendicanti del Medioevo, illustre per l’impegno pastorale e per la produzione teologica, canonistica e intellettuale nella più ampia accezione, ma si è originata una vicenda di santità che ha donato alla Chiesa santi testimoni eccellenti della perenne originalità e vitalità della vita mixta contemplativa e apostolica agostiniana come Nicola da Tolentino (1245-1305) e Rita da Cascia (1381-1447) e religiosi venerabili come il beato Stefano Bellesini (1774-1840), il primo parroco elevato agli onori degli altari nel 1904 da S. Pio X.

Questa straordinaria testimonianza di vita evangelica alla scuola del Vescovo di Ippona continua e si rinnova oggi in un fedele e appassionato servizio alla Chiesa Universale, affidata dall’8 maggio 2025 al Ministero Petrino di Papa Leone XIV, primo pontefice proveniente dalla famiglia spirituale del Vescovo di Ippona, una famiglia che può soltanto crescere e ampliarsi in quanto, come ebbe a sottolineare P. Agostino Trapè O.S.A. (1915-1987) in apertura del ciclo di conferenze della Cattedra agostiniana nel 1963: «in verità Sant’Agostino è il Maestro di tutti. La sua luminosa dottrina appartiene alla Chiesa, anzi a tutta l’umanità».