
di Barbara Jatta
La Cappella Sistina rappresenta un’attrazione senza eguali. Non è solo un’opera d’arte, ma una testimonianza del rapporto tra l’uomo e l’infinito; i Quattrocentisti, la volta, e il Giudizio rappresentano per chi si trova in questo magnifico spazio sacro un momento magico. Si viene immediatamente avvolti dalla potenza del racconto biblico ed evangelico, dalle figure monumentali che sembrano sfidare la gravità, sospese in uno spazio ideale di luce e colore. È un luogo simbolico della nostra fede cristiana, una catechesi visiva che dal 1492 è anche il luogo dell’elezione del Pontefice Romano.
Architettura e Quattrocentisti
“Cappella Magna” del Palazzo, la Cappella Sistina non è soltanto Michelangelo — è sicuramente anche Michelangelo — ma molto di più. Pensiamo solo ai Quattrocentisti: i riquadri a fresco che si snodano lungo le pareti laterali della Cappella Sistina costituiscono un’eccezionale testimonianza dell’arte rinascimentale.
Il progetto della cappella, affidato all’architetto toscano Baccio Pontelli con la supervisione di Giovannino de’ Dolci, il «soprastante della fabbrica», prevedeva la realizzazione di un’ampia aula rettangolare con dimensioni notevoli: 40,90 metri di lunghezza per 13,14 metri di larghezza e 20,7 metri di altezza, coperta da un’unica grande volta a botte ribassata.
Gli affreschi, commissionati dal Pontefice teologo Sisto iv Della Rovere e realizzati tra il 1481 e il 1483, portano la firma di alcuni tra i più grandi maestri dell’epoca, da Sandro Botticelli a Pietro Perugino, da Domenico Ghirlandaio a Luca Signorelli e altri celeberrimi artisti delle scuole fiorentina e umbra di quel secolo così fecondo. Attraverso il loro smisurato talento ha preso forma una narrazione visiva che celebra la storia della salvezza, intrecciando le vicende dell’Antico Testamento, con i riquadri raffiguranti la vita di Mosè, e quelle del Nuovo, con gli affreschi incentrati sulla vita di Cristo.
Tramite un linguaggio pittorico armonico, ricco di dettagli simbolici e di una straordinaria ricchezza narrativa, gli affreschi sistini non solo esaltano la grandezza del racconto biblico, ma definiscono anche i principi di una nuova era dell’arte sacra, in cui il rapporto tra l’uomo e il divino viene rappresentato con un’intensità senza precedenti. La fascia mediana diventa così una “Bibbia per immagini” in cui ogni scena, con i suoi personaggi e paesaggi, invita lo spettatore alla meditazione e alla scoperta. Qui abbiamo le immagini che scorrono, ognuno di questi riquadri è un vero capolavoro.
Il restauro delle pareti, completato negli ultimi anni del Novecento, ha restituito una nuova luce a queste opere, riportando alla vista i colori brillanti e la maestria tecnica che per secoli erano stati oscurati da strati di polvere e dal fumo delle candele.
Volta
Michelangelo, con straordinario genio e visione, ha trascorso quattro anni, dal 1508 al 1512, per dare vita a questa sinfonia di corpi e movimenti. Le sue figure titaniche, animate da una forza plastica senza precedenti, comunicano un’intensa spiritualità, rendendo ogni scena un momento di riflessione profonda sull’essenza umana e divina.
Per i cardinali riuniti in Conclave sotto questa volta affrescata, la contemplazione di queste immagini evoca la responsabilità spirituale del loro voto.
Ogni dettaglio — dalla Creazione di Adamo alla Separazione della luce dalle tenebre — li richiama al senso ultimo della loro missione: guidare la Chiesa sotto l’egida della creazione divina, con la consapevolezza dell’immensità del compito affidato loro.
È probabile che Michelangelo per mettere a punto il programma iconografico si avvalse della collaborazione di teologi presenti nella corte pontificia di Giulio ii, il francescano Marco Vigerio e il vicario dell’Ordine degli Agostiniani Egidio da Viterbo, grande studioso delle teorie neoplatoniche.
Nove scene tratte dalla Genesi sono affrescate nella porzione centrale della volta otto riquadri così suddivisi: cinque alla Creazione e tre alle storie di Noè (Sacrificio, Ebrezza e Diluvio Universale).
La scena più celebre è la Creazione di Adamo, raffigurante Dio Padre che infonde la vita ad Adamo. Il corpo del primo uomo è come un’antica divinità. Possente ma allo stesso tempo armonioso nella posa. Seguono le altre storie della Genesi, la Creazione di Eva, la Tentazione e la Cacciata al Paradiso.
Si potrebbe andare oltre nel racconto delle immagini, della tecnica esecutiva, un ottimo affresco realizzato da un Michelangelo quasi in solitudine e dei restauri che si susseguirono già a pochi anni dalla realizzazione della volta.
Il restauro “del secolo”, concluso nel 1994 e guidato magistralmente dal Laboratorio di Restauro Pitture dei Musei Vaticani sotto la direzione del Maestro Gianluigi Colalucci, ha restituito a questa opera la brillantezza dei colori originali, liberandola da secoli di vernici, polvere e oscurità che ci obbligava a guardare gli affreschi «come attraverso un vetro affumicato». Grazie a questo intervento, oggi possiamo ammirare la volta della Sistina così come Michelangelo l’aveva concepita: un tripudio di vita, luce e divinità che continua a stupire e ispirare ogni generazione di visitatori.
Giudizio Universale
Il “Giudizio Universale” della Cappella Sistina è un’icona universale con la quale vengono spesso identificati i Musei Vaticani. È un’attrazione magnetica per chiunque entri in Cappella Sistina. La sua potenza visiva, la composizione a vortice in uno spazio senza partiture né paesaggio e su uno sfondo di blu lapislazzuli, cattura ed intimorisce.
Ed è un monito anche per i cardinali votanti riuniti in Conclave in quella Cappella così speciale; essi infatti portano il loro determinante voto per il futuro della Chiesa proprio all’altare posto di fronte al Giudizio Universale.
L’esecuzione del grande affresco durò cinque anni dal 1536 al 1541 ed impiegò un Michelangelo sessantenne in 456 giornate di duro lavoro.
“Giudizio Universale” è il termine con il quale è conosciuto il grande affresco. Come affermava Antonio Paolucci il termine è corretto ma sarebbe forse meglio definirlo “Parusia”: l’ultima venuta di Cristo sulla terra a giudicare i vivi e i morti, a cancellare per sempre il mondo, il Tempo e la Storia.
Chi guarda il Giudizio Universale ha l’impressione che non ci sia una parete ma che lo sguardo si apra verso uno spazio infinito fatto di aria gelida e azzurra.
Michelangelo ha saputo raccontare con straordinaria efficacia l’inquietudine teologica della “Parusia”. È una sensazione terribile quella che si prova davanti al grande murale di Michelangelo. È la stessa che deve aver provato Papa Paolo iii Farnese quando — come ci riportano le cronache — si inginocchiò sgomento, con le lacrime agli occhi, quel giorno di ottobre dell’anno 1541, vigilia di Ognissanti, quando il Giudizio Universale venne scoperto.
Oggi, grazie ad un sapiente restauro eseguito negli anni Novanta del secolo scorso, possiamo ammirarlo nel pieno della concezione michelangiolesca. L’intervento conservativo condotto dal Laboratorio di Restauro Pitture dei Musei Vaticani ha riportato l’affresco alla tavolozza originale, permettendone una fruizione ottimale, non più alterata da secoli di nerofumo e vernici.
Il monitoraggio costante di vari reparti dei Musei Vaticani su tutta la Cappella Sistina ed in particolare sulla parete del Giudizio Universale, permette di controllare in tempo reale il suo stato di conservazione per preservarlo come dono prezioso ai nostri visitatori presenti e futuri.
Oggi 7 maggio la Cappella Sistina torna ad ospitare uno degli eventi più segreti e carichi di mistero al mondo, un rito antico e solenne che da secoli accompagna la “nascita” dei nuovi Papi: il Conclave (dal latino “cum clave”, cioè “chiuso con la chiave” o “sottochiave”). Solo nel 1996 divenne sede ufficiale del Conclave con la Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis di Giovanni Paolo ii.
Leggi anche: