Pellegrini di Speranza Nei luoghi dove Giubileo vuol dire solidarietà: la Basilica di San Paolo fuori le mura

Così piccoli ai piedi del gigante della fede

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17 maggio 2025

di Felicita Pistilli e Fabrizio Salvati

Ci sentiamo piccoli sotto la statua di San Paolo: predicatore della verità — dice l’incisione —, dottore delle genti. Siamo nel quadriportico della basilica a lui dedicata, prima di oltrepassare la Porta Santa, la quarta che varchiamo insieme con i nostri punti di vista che ormai procedono all’unisono come i nostri passi. Per chi ci leggesse per la prima volta, questo è il racconto di un pellegrinaggio a quattro mani e un solo cuore: una giornalista Rai e un redattore dell’Osservatore di Strada.

Entriamo in basilica. Quello che ci colpisce è la musica: le note di Bach sono la scelta odierna dell’organista. Si chiama Christian, è argentino. Arrivato in Italia per studiare, dal 2006 suona qui. «È un grandissimo privilegio per me», dice, accompagnare la visita di tanti pellegrini, come sempre da ogni parte del mondo.

I pellegrini si guardano attorno: quello che vedono è una chiesa sostanzialmente immutata nel tempo, da quando l’imperatore Teodosio ingrandì il tempio originario, voluto da Costantino sul luogo della sepoltura di San Paolo.

Inizialmente, pressoché identica alla basilica di San Pietro (San Pietro e Paolo sono i due patroni della città di Roma), al contrario di quest’ultima non è stata rimaneggiata nei secoli. Nel 1823 un incendio la devastò. Ma Papa Leone xii decise di farla ricostruire così com’era, senza stravolgimenti. Ed è praticamente la stessa immagine di allora quella che oggi catturano i cellulari alzati di turisti e pellegrini con la sua pianta a croce latina a cinque navate e i tondi con le effigi dei Pontefici, realizzate in mosaico su foglia d’oro, che ornano gli archi.

Dall’ottavo secolo, ininterrottamente, la basilica è retta dall’ordine benedettino: annessa c’è infatti la loro abbazia. Nel 1962, in questa chiesa Papa Giovanni xxiii annunciò il suo progetto di indire un Concilio per la Chiesa universale. E questo è anche un luogo dove ogni anno, nella festa della conversione di San Paolo, si celebra la conclusione dell’Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani alla presenza del Papa.

Il cuore della Basilica è la tomba dell’apostolo presso la quale si accalcano i fedeli per lasciare le loro intenzioni di preghiera. Un rapido sguardo, tante lingue diverse che chiedono soprattutto la guarigione per i malati e un aiuto per i più fragili.

Fuori dalla Basilica, il dolore si incontra nell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, negli occhi dei piccoli pazienti e delle loro famiglie, ai quali, ogni giorno, i medici provano a ridare la speranza di una cura, cioè il futuro.

Le corsie colorate, a misura di bambino, sono anche un luogo di pace. In questi giorni, sono ricoverati qui i bambini arrivati da Gaza, portati via dalla guerra perché, per loro, ci sia ancora un domani.

Negli anni, l’ospedale ha garantito terapie e ospitalità a pazienti ucraini e a tanti altri piccoli malati che, altrimenti, nel loro paese, non avrebbero potuto curarsi. C’è Assitan, che è arrivata dal Mali tre anni fa, e che saluta i suoi dottori: il camice bianco, visto con i suoi occhi, è la divisa dei supereroi.

E sono eroi del quotidiano i volontari della Comunità di Sant’Egidio che, come in altre parti di Roma, assistono i senzatetto: all’oratorio San Paolo gestiscono un servizio docce e distribuiscono vestiti a chi ne ha bisogno. Bussare a questa porta significa trovare anche un sorriso ed essere visti.

La vicina stazione di Ostiense nei primi anni duemila è stata rifugio per tanti afghani in fuga dai talebani. Molti giovanissimi, tanti minorenni, fuggiti dal loro paese, rischiando la vita per provare ad averne ancora una.

La speranza corre su queste strade, anche in un incontro causale, al bar. Qui conosciamo Giovanni e Giorgio, poco più che ventenni, studenti universitari. Ci raccontano di essere volontari del Giubileo prestando servizio sanitario. Hanno frequentato un corso di primo soccorso per aiutare gli altri. Sono la meglio gioventù, che fa del bene e lo racconta. Ci mostrano in anteprima la loro app: una guida virtuale nei luoghi giubilari e tra i monumenti di Roma, convinti che anche la bellezza salverà il mondo.