Teresa Ciabatti: cascare

Percepirsi inascoltate e invisibili. Non esiste donna che non abbia sfidato questa condizione di marginalità. Teresa Ciabatti, scrittrice anticonformista, ha sublimato la ricerca del potere con l’alter ego dei suoi romanzi, raccontando donne che si liberano dalle aspettative familiari per definire chi vogliono essere. L’esperimento più audace in Donnaregina (Mondadori, 2025), un viaggio nella complessità delle relazioni affettive attraverso l’incontro con un boss della camorra.
Il suo rapporto con il potere?
Lo detesto, ammiro le persone che non si fanno condizionare dalla ricerca del potere che inasprisce e snatura. L’ho capito tardi. Nasco ambiziosa, frenetica, e questa rincorsa allo spazio mi ha fatto inciampare, mi ha portato frustrazioni. Con l’età di mezzo, vivo il momento migliore della mia vita perché non ho l’affanno del potere.
Forse perché adesso, come scrittrice, il potere ce l’ha.
Onestamente? Da quando il potere in me sta molto quieto, ora che passando per l’eccesso e l’autodistruzione ho trovato la misura, penso di scrivere meglio. Strepitare per il potere è come fare una battaglia e non ottenere niente. Ho imparato che girare a vuoto, cascare, è una risorsa.
Lo stereotipo dice: le donne sono vulnerabili, quindi inadatte al potere. Nei suoi romanzi vale l’opposto. Ci crede davvero?
Sempre creduto, sia dentro che fuori dai romanzi. Se non è nascosta e se non diventa complesso, la fragilità è un mezzo. Ecco, il potere mi piace se è potere su se stesse, esercizio morale. Otteniamo meno dei maschi, ma siamo più complete come esseri umani.
In Donnaregina si confronta con una forma estrema di potere: un boss della camorra. Perché?
Volevo esplorare un mondo lontanissimo da me e andarci con una certa incoscienza, ignorando i codici. Per quattro anni ho frequentato quello che per tutti è “il ferocissimo boss”, cercando i suoi lati umani. Non per rassicurare o celebrare, per turbare. Pensare all’altro come un mostro ci deresponsabilizza. Noi viviamo lo stesso tempo e spazio, dobbiamo interrogarci e capire. Il mio alter ego non esercita il potere, va dal boss con la leggerezza della sua nascita privilegiata e rimane spiazzata.
Lei urla? Io sì, quando cerco uno spazio di potere.
Ho un tono di voce alto e me l'hanno sempre fatto notare, mi dicevano “come sei sguaiata”, ho cercato di correggermi. Ora non ci faccio più caso. A proposito di spazio, che significa stare al posto proprio? Se significa stare all’angolo, allora parlare ad altissima voce.
di Carmen Vogani