DONNE CHIESA MONDO

Patronati ecclesiastici nella Sicilia normanna

La gran contessa Adelaide

 La gran contessa Adelaide  DCM-005
03 maggio 2025

Regina di Gerusalemme, munifica protettrice della Chiesa in Sicilia, dove fu reggente al tempo dei Normanni (inizio xii secolo), Adelaide del Vasto veniva da lontano. Dall’odierno Piemonte, per l’esattezza, essendo discendente degli Aleramici, una famiglia di rilievo nel panorama del tempo. Suo zio Bonifacio di Savona fu definito “il marchese più famoso d’Italia”. I suoi familiari andarono a cercare fortuna altrove. Tra questi, Adelaide e suo fratello Enrico, rimasti presto diseredati in quanto orfani di padre, ed emigrati in Sicilia per partecipare alla missione che i pontefici, all’epoca della Riforma della Chiesa, avevano assegnato agli Altavilla, una dinastia proveniente dalla Normandia. Si trattava di smantellare il dominio musulmano, che persisteva, da due secoli circa (827-1091), sull’isola. Adelaide si unì in matrimonio a Ruggero i d’Altavilla, detto il gran conte, ma fu tutt’altro che semplicemente all’ombra del marito, risultando, come la definì uno storico illustre del Novecento, Ernesto Pontieri, «donna d’ingegno e volitiva». Per di più, il matrimonio di Adelaide avrebbe favorito l’arrivo di un folto gruppo di suoi familiari e compatrioti, che dall’Italia settentrionale si stabilirono nel cuore del Mediterraneo, contribuendo alla “cattolizzazione” della Sicilia.

Complice la morte del marito (1101) e del loro primogenito Simone (1103), Adelaide ebbe l’occasione di manifestare tutte le sue capacità di donna di governo, tenendo le redini della Sicilia fino alla maggiore età del secondogenito e successore Ruggero ii (1112). Le terre della Trinacria andavano pacificate, dopo decenni di lotte, per favorire l’insediamento della Chiesa latina, poiché l’isola, prima che in mano agli arabi, era stata dominio dei bizantini. Adelaide mostrò fermezza contro i ribelli e, allo stesso tempo, clemenza verso gli sconfitti che accettarono la nuova situazione politica. In bizantini e arabi trovò, infatti, una sponda preziosa per contrastare i baroni troppo ambiziosi e chiunque credesse di approfittare della sua reggenza. Difatti, ella consentì ai musulmani di mantenere la libertà di culto e conservò rapporti cordiali con la popolazione greco-ortodossa (si era da poco consumato il Grande Scisma, nel 1054). Adelaide del Vasto sostenne, in particolare, i monaci basiliani. Uno di questi, Bartolomeo da Simeri, fondatore e abate del monastero del Pathirion (presso Rossano, in Calabria) fu da lei stimato e protetto. La contessa Adelaide volle dedicare il monastero di Santa Maria di Gala, presso Barcellona Pozzo di Gotto, alla Galaktotrophousa, la “Madonna che allatta il Bambino”. A Fragalà, ricostruì il cenobio basiliano dedicato a San Filippo di Demenna. A quest’ultimo monastero si ricollega una lettera bilingue, in greco e in arabo, scritta per volontà di Adelaide, che si ritiene essere il documento cartaceo più antico d’Europa: la reggente ingiungeva agli ufficiali locali di non molestare i monaci del monastero.

Perseguendo la politica papale, Adelaide assecondò l’insediamento del clero di rito latino, facendo donazioni alle chiese di Santa Maria del Monte Carmelo a Palermo, Santo Spirito a Caltanissetta, Santa Maria della Valle di Giosafat (detta della Gancia) a Paternò, Santissima Annunziata a Frazzanò, convento del Carmine a Marsala. Più stretto il legame con il monastero del Santissimo Salvatore di Patti, la cui chiesa, fondata nel 1094, era dedicata all’apostolo Bartolomeo. Chiesa e monastero furono insediate all’interno di una fortezza normanna, oggi in rovina, tradizionalmente nota come “castello di Adelaide”. Nel 1108, la reggente di Sicilia donò ad Ambrogio, abate di San Bartolomeo, le decime degli ebrei di Termini, cioè i tributi corrispondenti alla decima parte del loro reddito. Ma il legame tra Adelaide e il borgo di Patti si fece più intimo, come vedremo, negli anni a venire.

Intanto, Adelaide s’era decisa a trasferire la sede del potere comitale da Messina a Palermo (1111), che era stata la ricca e verdeggiante capitale dell’emirato della dinastia kalbita, così popolosa, come ricorda il geografo Ibn Hawqal, da vantare più di più di trecento moschee. A Palermo, Adelaide consegnava il timone della contea nelle mani di suo figlio, appena divenuto maggiorenne. Forse per prestarsi alle pretese del nuovo sovrano, forse per la propensione personale ad essere sempre in prima linea, forse per ragion di Stato, ella si decise a sposare Baldovino I, re di Gerusalemme, e a trasferirsi in Palestina (1113). Adelaide sbarcò ad Acri con tutto lo sfarzo del suo corteo e la magnificenza della propria dote. Il suo vascello, laminato d’oro, sfavillò da lontano, abbagliato dal sole. Baldovino la accolse nel migliore dei modi. Tuttavia, le ambizioni di Ruggero ii, che aveva il chiaro obiettivo di ereditare la corona del regno crociato di Terra Santa – contando sul fatto che sua madre era quasi quarantenne, e per quel tempo non più fertile – si rivelarono vane. Il matrimonio fu disastroso e presto dichiarato nullo, visto il precedente e ancora valido legame tra Baldovino e Arda di Edessa, una nobile armena. Accusato, quindi, di bigamia, forzato da papa Pasquale ii e dal patriarca di Gerusalemme Arnolfo, Baldovino, per giunta gravemente malato, si convinse a ripudiare la sposa normanna. La quale, appresa la notizia, se ne rattristò e pianse molto. Riprese il mare per tornare in Sicilia e si fermò a Patti, rinchiudendosi nel monastero che aveva fondato. Consumata dal dolore, morì meno di un anno dopo (1118). Il suo corpo riposa nella cappella di Santa Febronia della cattedrale di San Bartolomeo, conservato in un sarcofago cinquecentesco, tutto rinascimentale.

di Giuseppe Perta
Docente di Storia medievale, Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa