
Dove le donne comandano le cose vanno meglio, diceva Francesco. E come preso da una urgenza, ultimamente ne aveva nominate un paio per posti prima considerati irraggiungibili.
Ma sono due le domande che oggi tornano con forza, proprio alla luce delle recenti storiche nomine: una donna prefetta di Curia e una donna governatrice del Vaticano sono una rivoluzione? Due incarichi apicali, due volti femminili al vertice di strutture finora riservate agli uomini, in un contesto dove il potere – spirituale e temporale – ha per secoli parlato maschile, cambiano tutto nella distribuzione di autorità e responsabilità nella Chiesa?
No. Per parlare di rivoluzione la presenza delle donne deve diventare sistemica, strutturata, stabile. Non si dovrà più dire “una donna” a intendere una eccezione, una cosa mai vista, un guizzo di chi decide.
Però le due nomine crepano un soffitto di cristallo che sembrava infrangibile. Offrono un precedente, aprono una strada, permettono di parlare di una soglia attraversata. E dimostrano la volontà riformatrice di Francesco che con passo lento ma costante ha avviato un cammino. La mappa che pubblichiamo dei ruoli femminili oggi nella Curia romana e nel governo del Vaticano mostra un cambiamento concreto, non ancora strutturale ma tangibile. Le donne sono presenti, più che mai, in posizioni chiave: nei dicasteri, nei consigli, nelle commissioni.. Alcune dirigono, molte collaborano, tutte – in modo diverso – partecipano. Anche se la loro rappresentanza resta parziale, spesso simbolica, ancora legata alla visione, e a certa testardaggine, di Papa Francesco. Ma pensiamo che sia una strada senza ritorno. La decisione della Assemblea sinodale delle Chiese in Italia che ha rinviato l’approvazione di un documento giudicato deludente, per riscriverlo, è una prova della necessità di una trasformazione che non risponde solo a criteri di giustizia sociale, ma alla convinzione che la Chiesa possa essere più fedele alla sua missione quando valorizza pienamente i carismi e le competenze di tutti i suoi membri, indipendentemente dal genere.
No, la doppia mossa di Francesco non è ancora una rivoluzione, vero. Ma è certamente l’inizio di qualcosa che potrebbe diventarlo.
Perché, poi, c’è un che di paradossale. Mentre la società contemporanea in diversi contesti politici e sociali sembra regredire verso modelli di potere esclusivi e autoritari, facendo vincere una retorica che esalta modelli di leadership basati sulla forza, sull'aggressività e su tratti tradizionalmente associati a una visione stereotipata della mascolinità, la Chiesa si “smaschilizza” e con il cammino intrapreso a piccoli passi da Papa Francesco indica una direzione alternativa: l’apporto femminile non è una minaccia, non toglie. E’ una risorsa preziosa, aggiunge.