Lettere dal Direttore

Non è qui

 Non è qui  QUO-098
29 aprile 2025

Sabato 26 aprile. Basilica di San Pietro. Quattordici sediari accompagnano Papa Francesco sulle proprie spalle, con la loro toccante dedizione, per l’ultimo “viaggio” nella sua piazza e dalla basilica lo conducono al di fuori, sul sagrato, tra lo scroscio degli applausi delle 250.000, forse più, persone assiepate fino a Castel Sant’Angelo. Nel vedere il feretro passare tra i marmi della basilica e in mezzo alle due file di cardinali nei loro splendidi abiti rossi, mi è venuto subito da confidare a bassa voce a mia moglie il pensiero più facile: «mi sa che Francesco, lì nella bara, si stia agitando di fronte a tutto questo sfarzo». Il pensiero più facile, niente di particolarmente brillante, ma a spegnerlo subito è stata la risposta di mia moglie: «ma lui non sta lì, è vivo». Dritta al punto. Sì, ho pensato, le donne sono quella bellezza che salva il mondo. Sono le stesse parole rivolte alle donne al sepolcro nel Vangelo di Luca: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto» (Lc 24, 5). È questo il punto, non ce ne sono altri: credere, oppure no, che una bara non può contenere un essere umano, perché la vita eccede, deborda, sempre, come ha spesso sottolineato Papa Francesco. La sua vita peraltro è stata proprio così, debordante. E il suo “traboccamento” è diventato per chiunque lo ha visto, ascoltato o ne ha incrociato il cammino, una domanda, secca, radicale: siamo «nati per fiorire» come diceva lui o per morire? Che è un altro modo per dire che Dio esiste, oppure no, con tutte le conseguenze. Qualche giorno fa il predicatore della Casa pontificia, fra Roberto Pasolini, rifletteva così su Francesco scrivendo su Avvenire: «Avvicinandosi rispettosamente alla coscienza di tutti, Papa Francesco non ha cercato di imporre nuove certezze. Si è accontentato di riaprire la domanda fondamentale: e se Dio fosse davvero il Padre di tutti, cosa ci resterebbe da fare?». A questa domanda è vitale rispondere, cioè esercitare la responsabilità, che poi è ciò che ci rende umani, cioè mortali ma più forti della morte, perché creati per la vita e amati da un Dio fatto uomo, morto e risorto per noi.