
di Antonella Palermo
La bara con Papa Francesco arriva sul Colle Esquilino nella più piccola delle quattro Basiliche papali, l’unica dedicata alla Vergine e la più antica ad essa intitolata nell’Occidente cristiano, per la tumulazione dopo le esequie in San Pietro e dopo l’omaggio del bagno di folla lungo il percorso delle vie del centro romano.
Arriva in Santa Maria Maggiore, luogo tanto amato dal Papa. Oggi è uno splendore. È il chiarore che si mescola al dolore. È la certezza di un lievito di bene seminato negli angoli della Terra, un bene che inonda. Resta come slancio per i ragazzi che la Provvidenza ha riunito qui per il Giubileo degli Adolescenti, resta negli anziani resi fragili dagli anni, negli operatori della carità che possono continuare a guardare a un maestro di ascolto, misericordia, accoglienza.
Ovunque è il «Papa dei poveri». E proprio i poveri accolgono l’arrivo del feretro in basilica. Una quarantina, tutti disposti sul sagrato, con una rosa bianca ciascuno, rendono omaggio al loro «padre». Sono bisognosi, senza fissa dimora, detenuti, migranti. Fanno corona intorno alla bara. Quattro bambini trasportano fiori in cestini bianchi entrando insieme ai cerimonieri per la tumulazione in privato. Applausi ininterrotti dai pellegrini attorno alla piazza che subito dopo intonano la recita del Rosario. Domani pomeriggio il Collegio cardinalizio verrà qui a celebrare i Secondi vespri della domenica della Divina misericordia.
Intanto Papa Francesco è entrato nella sua “casa”. A poche decine di metri c’è la stazione Termini, snodo del traffico romano e approdo di turisti da ogni dove. Qui da anni un presidio della Caritas diocesana assiste senzatetto e indigenti.
Ne ha beneficiato anche Iulian, di origini rumene. Arrivava a Roma trent’anni fa, si è integrato bene sebbene ancora non abbia un lavoro. È cristiano ortodosso, sente profondamente l’affetto per il Pontefice da quando dieci anni fa partecipò all’offertorio in occasione del Giubileo della misericordia, proprio all’ostello caritativo accanto ai binari di via Marsala che all’epoca ospitava 200 posti letto e dava da mangiare a oltre 500 persone. Il Papa dell’umiltà è per lui. «Al compleanno arrivavano i regalini, del cibo. Ho pranzato con lui varie volte a Natale in Aula Paolo vi».
La chiesa in cui celebrò la prima messa nella notte di Natale del 1538 sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, accoglie il Papa gesuita che qui riposerà per volontà testamentaria, primo Pontefice in più di 120 anni a scegliere di essere sepolto fuori dal Vaticano. «Francesco ha saputo continuare nella tradizione della Chiesa aggiornandola nello spirito del tempo», commenta il monaco benedettino vallombrosano, di origini brasiliane Pedro Savelli, rettore della basilica di Santa Prassede, a pochi passi dal tempio Liberiano.
Impiega circa mezz’ora il tragitto del feretro, arrivando da via Merulana, importante strada di collegamento con la basilica di San Giovanni in Laterano. Applausi. Francesco è l’ottavo Pontefice sepolto qui, vicino a Onorio iii, il Papa che dette la regola bollata ai francescani.
Alle ore 13 ha avuto inizio il rito della tumulazione del feretro, svoltosi secondo le prescrizioni dell’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis. A presiederlo il cardinale camerlengo Farrell, alla presenza di quanti erano stati indicati nella relativa Notificazione dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie e dei familiari del Papa defunto. La bara di Jorge Mario Bergoglio è stata collocata nella tomba allestita nella navata sinistra, tra la Cappella Paolina e la Cappella Sforza, dove Papa Francesco per ben 126 volte si è recato per esprimere la sua devozione mariana davanti all’icona della Salus populi romani. Un luogo sacro oggi scolpito dalla luce in tutta la sua magnificenza.