La testimonianza di padre Tómas Ravaioli missionario in Papua Nuova Guinea

Papa Francesco ha lasciato un’impronta profonda
nei cuori

 Papa Francesco ha lasciato un’impronta profonda nei cuori  QUO-082
10 aprile 2025

di Francesco Ricupero

«Indubbiamente, il pontificato di Papa Francesco sta lasciando un’impronta molto profonda nel cuore di tutti in Papua Nuova Guinea. Un’impronta che sarà impossibile dimenticare e che passerà alla storia come una delle pagine più belle della Chiesa in questa giovane nazione, che a settembre compirà appena 50 anni»: è quanto afferma ai media vaticani padre Tomás Ravaioli, sacerdote quarantatreenne dell’Istituto del Verbo Incarnato. Argentino di Buenos Aires, in missione in Papua Nuova Guinea da quasi sedici anni, il sacerdote ha seguito in prima persona il processo di canonizzazione del catechista papuano Peter To Rot, ucciso nel 1945 per aver proseguito il suo apostolato nonostante il divieto imposto dai giapponesi. «To Rot è morto per difendere i valori della famiglia tradizionale. Lui aveva tre figli e una moglie, era contrario alla poligamia e la condannava fermamente. In Papua Nuova Guinea lo invocano, lo pregano e sono molto felici ed entusiasti che presto diventerà santo».

Cosa ha pensato quando ha saputo di dover svolgere la sua missione in questo lontano angolo del mondo?

Qui c’è veramente molto poco: scuole, istituti, dispensari, piccoli ospedali e centri di assistenza sono operativi grazie al nostro lavoro supportato dai laici. La Papua Nuova Guinea è un Paese affascinante, ricco di storia, cultura e tradizioni uniche. È il Paese con il maggior numero di lingue al mondo. Si parlano più di 800 lingue diverse, il che rappresenta circa il 12 per cento degli idiomi del pianeta. La cultura è molto diversificata, con centinaia di gruppi etnici e tribali. Ogni tribù ha le proprie usanze, abiti, rituali e arte. Anche la sua geografia è impressionante, piena di montagne, vulcani attivi e spiagge meravigliose. Prima dell’arrivo del cristianesimo, le tribù e le comunità della Papua Nuova Guinea praticavano religioni tradizionali, incentrate su credenze animiste e spirituali. Alcune credenze indigene persistono ancora in certe aree, specialmente nelle zone rurali e remote. Oggi, tuttavia, la maggior parte degli abitanti sono cristiani. Il cristianesimo fu introdotto dai missionari britannici, tedeschi e australiani, durante il xix secolo. I principali rami del cristianesimo in Papua Nuova Guinea sono il cattolicesimo e varie denominazioni protestanti, comprese le chiese evangeliche e le chiese anglicane.

Ma torniamo a Papa Francesco e al suo viaggio dello scorso settembre in questo bellissimo Paese. Cosa ha lasciato nei cuori degli abitanti e di voi missionari la visita del Santo Padre?

Sono molte le cose che potremmo dire sui gesti e le delicatezze del Papa verso questa nazione, ma vorrei elencarne solo tre. In primo luogo, noi missionari dell’Istituto del Verbo Incarnato che lavoriamo nella diocesi di Vanimo da quasi 30 anni ci siamo sentiti particolarmente curati e protetti dal suo amore paterno. Tutto è iniziato nel 2019, quando un gruppo della nostra parrocchia si è recato a Roma per un pellegrinaggio alla tomba degli apostoli. In quell’occasione, il Santo Padre li ha ricevuti in un’udienza privata e ha promesso che un giorno avrebbe ricambiato la visita, venendo lui stesso nel remoto villaggio di Vanimo per visitarli. Da quel momento, il Papa ha mantenuto una comunicazione costante con i missionari di quella zona, preoccupandosi non solo delle necessità spirituali dei fedeli, ma anche delle necessità materiali della missione.

Qualche esempio?

La nostra missione aveva 2 scuole elementari per i bambini dei nostri 5 villaggi, ma non avevamo una scuola secondaria per continuare gli studi. Questo ci spezzava il cuore, perché era triste vedere come la maggior parte di quei bambini rimanesse senza futuro una volta terminata la scuola elementare, a 14 o 15 anni. Ma per noi era umanamente impossibile costruire una scuola che potesse ospitare così tanti migliaia di bambini, e quindi si trattava solo di un sogno. Tuttavia, il sogno si è avverato quando Papa Francesco è venuto a conoscenza della situazione e ha voluto occuparsi personalmente della costruzione di quella scuola, trovando benefattori per noi. Quella scuola oggi è funzionante e i bambini che per anni sono rimasti senza futuro, ora hanno una nuova luce di speranza grazie alla generosità del Papa.

E le altre due cose importanti?

In secondo luogo, è necessario ricordare il viaggio apostolico che Francesco ha compiuto nel nostro Paese. Non solo perché è sempre una tappa importante nella vita di un Paese la visita del successore di Pietro, ma anche perché lui stesso ha chiesto di visitare il remoto villaggio di Vanimo. E in mezzo alle sue migliaia di attività e responsabilità, ha dedicato un intero pomeriggio per visitarlo. Appena sceso dall’aereo, ha detto al sacerdote missionario che nel 2019 era andato con i pellegrini: “Vedi? Ho mantenuto la mia promessa. Sono qui, a visitarvi io”. È anche necessario sottolineare che in questa occasione si è recato alla missione dei padri dell’Istituto del Verbo Incarnato e ha condiviso un incontro personale con loro e con la gente della loro parrocchia. Infine, il terzo gesto di Papa Francesco nei nostri confronti è avvenuto pochi giorni fa. Il 31 marzo, il mondo intero si è rallegrato per la notizia che avrebbe canonizzato il primo santo della Papua Nuova Guinea. Non conosciamo ancora la data della canonizzazione di Peter To Rot, ma ciò che sappiamo è che sarà, ancora una volta, una pietra miliare nella storia di questo Paese e un’ulteriore dimostrazione dell’amore e della predilezione del Santo Padre verso di noi. Da queste pagine, noi missionari in Papua Nuova Guinea vogliamo ringraziare ancora una volta Papa Francesco per la Tua cura paterna e il Tuo amore verso gli ultimi.