Affrontare insieme

«Insieme»: in questo semplice avverbio — utilizzato da Papa Francesco nell’omelia preparata per la messa che ieri ha concluso il Giubileo degli ammalati e del mondo della sanità — è racchiuso il senso della fragilità. Perché è proprio affrontando «insieme» la sofferenza e il dolore che si diventa «più umani». Un principio rimarcato dal vescovo di Roma non solo con le parole dell’omelia — letta dall’arcivescovo Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, che ha presieduto il rito in piazza San Pietro —, ma anche con la presenza fisica: il Pontefice, infatti, è arrivato a sorpresa sul sagrato della basilica Vaticana quasi al termine della celebrazione.
Pellegrino tra i pellegrini, Francesco ha dimostrato in modo tangibile che — come scritto nel testo — l’infermità può essere anche una «scuola» in cui si impara «ad amare e a lasciarci amare», «senza rimpiangere e senza disperare, grati a Dio e ai fratelli per il bene che riceviamo».