Fuga da Khartoum

Fighters loyal to the army patrol a market area in Khartoum on March 24, 2025. For nearly two years, ...
05 aprile 2025

Orrori senza fine nel Sudan, precipitato due anni fa nella spirale di una sanguinosa guerra civile di cui non si intravede la fine. Da Khartoum arrivano notizie agghiaccianti di esecuzioni sommarie per le strade. Persone stese per terra e decapitate. Altre, trascinate per metri, condotte in una buca e uccise con mitragliate di proiettili. Uccisioni di civili a sangue freddo, che spingono migliaia di persone alla fuga.

La crisi in Sudan — dove dal 15 aprile 2023 è in corso una guerra senza esclusione di colpi, un duro scontro di potere tra l’esercito regolare guidato dal presidente Abdel Fattah Al-Buhran e le Forze di supporto rapido (Rsf) di Mohamed Hamdan Dagalo — si sta persino aggravando. La riconquista della capitale Khartoum da parte dell’esercito, avvenuta nel mese di marzo dopo feroci combattimenti, ha portato gruppi di persone nelle piazze a festeggiare. Ma la situazione nel Paese dell’Africa orientale appare sempre più caotica.

Proprio da Khartoum arrivano notizie poco rassicuranti. Secondo il gruppo sudanese per i diritti umani Emergency Lawyers, che ha diffuso un video ancora non verificato in modo indipendente, nei giorni scorsi l’esercito ha giustiziato numerosi civili sospettati di sostenere le Rsf. L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, si è detto «sconcertato dai resoconti attendibili di numerosi casi di esecuzioni sommarie di civili in diversi quartieri di Khartoum, apparentemente sospettati di collaborazione con le Rsf». «Le esecuzioni extragiudiziali costituiscono gravi violazioni del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario», ha rimarcato l’alto funzionario dell’Onu. Dall’altra parte, diverse agenzie di stampa hanno riferito nei giorni scorsi che almeno 85 persone in una settimana sarebbero state uccise in attacchi a sud di Khartoum attribuiti ai paramilitari delle Rsf.

La situazione è alquanto grave anche in altre zone del Paese, in particolare nel Darfur e in tutto il sud-ovest, dove le Rsf controllano ampie porzioni di territorio e Dagalo, autoproclamatosi capo di queste regioni, non ha alcuna intenzione di deporre le armi. Se le notizie che arrivano da Khartoum evidenziano le brutalità messe in atto dall’esercito, non bisogna scordare che diversi rapporti nei mesi scorsi hanno denunciato crimini di guerra, crimini contro l’umanità e pulizia etnica, sopratutto nella regione occidentale del Darfur, da parte delle milizie dell’Rsf. Già nel 2023 la Procura della Corte penale internazionale (Cpi) ha annunciato l’apertura di un’inchiesta su presunti crimini di guerra compiuti dalle Rsf e dai loro alleati in Darfur.

Nella morsa dello scontro di potere tra le fazioni fedeli ad Al-Burhan e quelle legate a Dagalo — un tempo alleati e co-protagonisti del colpo di Stato che nel 2019 aveva “detronizzato” dopo quasi 30 anni il dittatore Omar al-Bashir — c’è ancora una volta la popolazione sudanese: oltre 24 milioni di persone affrontano pericolosi livelli di insicurezza alimentare; mentre circa 12 milioni sono gli sfollati interni e più di 3 milioni i rifugiati nelle nazioni limitrofe, soprattutto in Ciad, Egitto, Sud Sudan. Paesi a loro volta fragili, che potrebbero subire le conseguenze di un pericoloso effetto domino.

Gli ultimi aggiornamenti sulle violenze senza fine in Sudan arrivano mentre il Regno Unito si prepara a ospitare il 15 aprile a Londra una conferenza dei ministri degli Esteri con l’obiettivo di individuare i passi da compiere per mettere fine alla guerra. Tra i Paesi che parteciperanno, ricorda il portale Avaaz.org, ci sono anche quelli che hanno armato le due parti in lotta, in un intricato gioco di interessi che alimenta il conflitto nella “polveriera” sudanese a danno del popolo e dei più vulnerabili. (valerio palombaro)