Pellegrinaggi giubilari diocesani

Percorrendo mille strade
del mondo

 Percorrendo mille strade del mondo  QUO-077
04 aprile 2025

di Lorena Leonardi

«È stato il pellegrinaggio più bello della mia vita, con momenti intensi, profondi, di comunità, pur non conoscendoci tutti. Quello che crea la comunione non è il fare o il dirsi delle cose: quando insieme vuoi Dio, ti trovi inaspettatamente attratto dagli altri». Così il vescovo di Alessandria, Guido Gallese, riassume l’esperienza giubilare vissuta di recenti con i fedeli della sua diocesi.

In quasi duecento — tra cui una cinquantina di ragazzi — sono partiti dal Piemonte per trascorrere tre giorni a Roma tre giorni durante i quali hanno compiuto il tradizionale passaggio dalla Porta Santa delle quattro basiliche papali maggiori, al quale si sono aggiunte la messa all’abbazia delle Tre Fontane — dove secondo la tradizione è stato decapitato San Paolo —, la visita alla chiesa nuova, alle catacombe di San Sebastiano e a Santa Croce in Gerusalemme per una riflessione davanti alle reliquie della Passione. Nonostante la «difficoltà» iniziale di staccarsi «dalla vita quotidiana, dagli impegni e le cose da fare», il cammino giubilare si è rivelato un autentico «piccolo viaggio spirituale interiore» per Carlotta Testa. Grazie al Giubileo «ho potuto sperimentare una speranza più grande, che non significa assenza di croci, fatiche e dolori, ma vivere tutto questo con un atteggiamento interiore di fede e fiducia che aiuta a guardare al domani», spiega la donna, insegnante di religione, da anni al servizio della diocesi nella pastorale giovanile e universitaria. «Mi ha colpito — conclude — vedere quanto le persone siano desiderose di stare con Dio».

Attratti «come una calamita», anche Diego Lumia e Larives Bellora, coniugi sulla cinquantina sono partiti dall’alessandrino «per riscoprire le radici della fede» sentendo «ancora vive nel cuore le esperienze del Grande Giubileo del 2000 e di quello straordinario della Misericordia del 2016, che sono state significative per la nostra vita». Nell’Urbe «abbiamo sentito che il Signore ci camminava accanto, ci ha parlato durante la preghiera personale, in famiglia, ma anche nei momenti comunitari, per le strade e le chiese della città, dandoci molte conferme e spunti per la nostra vita», raccontano i due, che si sono conosciuti alla Giornata mondiale della Gioventù di Colonia nel 2005 e sposati due anni dopo.

La speranza, per Diego e Larives, che da trent’anni vivono un cammino di fede nella comunità del Rinnovamento nello Spirito Santo e collaborano come responsabili dell’ufficio diocesano per la famiglia, «ha un nome ed è Gesù. Riponiamo sempre la nostra speranza in Dio nel servizio alla comunità, nelle situazioni della vita, nel crescere i nostri figli», Pietro e Miriam, di 14 e 16 anni. Al pellegrinaggio hanno preso parte anche i due ragazzi: «Il momento più bello — confida Larives — è stata la processione in via della Conciliazione, mano nella mano con mio marito e i nostri figli che, a turno con altri giovani, hanno portato la croce verso la basilica di San Pietro». I coniugi sono rimasti affascinati dalle catacombe, espressione di una «speranza che ci riporta al cielo» e segno che «siamo destinati all’eternità»: visitando i luoghi della fede hanno sentito «i passi di Gesù che cammina nella storia e ci parla, la gioia e lo zelo degli apostoli che lo hanno incontrato. Adesso — rimarcano — portiamo nel cuore soprattutto tanti volti nuovi delle belle persone incontrate e la consapevolezza di aver assaporato una dimensione universale della Chiesa come pellegrini provenienti dalle mille strade».

Tra i sei sacerdoti che hanno accompagnato i pellegrini piemontesi, il 37enne don Andrea Alessio, direttore dell’ufficio diocesano per l’università e docente di religione alla scuola salesiana di Alessandria. «Auspicavo di vivere un’esperienza di grazia per il bene della mia anima, a favore delle persone affidate alla mia cura pastorale sia nelle parrocchie sia a scuola», sottolinea il prete, che ha vissuto con i suoi alunni in viaggio d’istruzione il Giubileo come «momento di esperienza dell’amore di Dio che perdona e sostiene».

Gli fa eco don Giovanni Bagnus, vicario giudiziale in diocesi, che spiega di aver partecipato al pellegrinaggio «non da un altare ma sulla strada, insieme ai miei fratelli e le mie sorelle». Nell’Anno Santo che celebra la speranza può capitare, secondo il sacerdote, «di dimenticare che la nostra speranza è in Cristo. La speranza deve guidare non solo quest’anno ma tutto il nostro cammino da cristiani». Emozionato per aver visitato, in Santa Maria Maggiore, la tomba di Pio v — «pontefice originario della nostra diocesi perché nato a Bosco Marengo» — e aver pregato nella basilica dove spesso andava durante gli studi giovanili — «frequentavo il vicino Pontificio Seminario Lombardo» — don Giovanni conclude con un invito: «procedere col cuore in mano e offrirlo al Signore».