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Francesca Rispoli (Libera):
le folli dell’antimafia
che sfidano l’omertà

 Francesca Rispoli (Libera): le folli  dell’antimafia che sfidano l’omertà  DCM-004
05 aprile 2025

Nella storia dell’antimafia, la follia ha un volto femminile. Il primo è quello di Serafina Battaglia, pioniera delle testimoni di giustizia in Italia. Negli anni ‘60 racconta alla magistratura i traffici illeciti della mafia siciliana e trascina in tribunale i boss che hanno ucciso suo marito e suo figlio. Per i suoi parenti è solo pazza, una bugiarda da emarginare! Serafina invece apre la strada a decine di donne che rompono l’omertà. Costruire una rete di protezione e cura intorno a queste ribelli è la missione di «Libera, nomi e numeri contro le mafie», l’associazione fondata da don Luigi Ciotti. Ne abbiamo parlato con la presidente Francesca Rispoli.

Chi sono le folli dell’antimafia?

Figlie, sorelle e mogli di mafiosi. Quasi sempre sono mosse dall’amore verso i figli e sono pronte a cambiare vita e identità. Il dato drammatico è che non è concesso a tutte. Chi non rientra nella figura giuridica di “testimoni” o “collaboratori” di giustizia, cioè chi non è coinvolto in processi contro le mafie, resta fuori dal programma di protezione.

Che rischi corrono queste donne?

Se non possono cambiare nome e cognome, possono essere trovate e uccise. Non esiste una legge che le tutela, non esiste un finanziamento pubblico che le incoraggi. Esiste solo una rete di protezione fatta dai nostri volontari, con il progetto «Liberi di scegliere» che attualmente si occupa di 50 persone. Un numero che potrebbe contaminare positivamente altri nuclei familiari.

In concreto, come agisce il progetto?

Per chi si dissocia da logiche criminali, si prende in considerazione la possibilità dell’allontanamento dei minori e delle donne dalle rispettive famiglie, con lo spostamento temporaneo in altre regioni d’Italia.

Chi finanzia il progetto?

Questo è parte del problema. É una rete autofinanziata, con il contributo della Conferenza episcopale italiana. Il Papa ha incontrato queste donne, la Chiesa riconosce il loro coraggio. Ma senza una legge è complicato andare avanti.

La legge arriverà?

Ci sta lavorando il comitato «Cultura della legalità e protezione dei minori» della Commissione parlamentare antimafia. La legge consentirebbe a donne e minori di avere una protezione legale, assistenza sanitaria, inserimento lavorativo. Queste donne non chiedono soldi, vogliono lavorare e mandare i bambini a scuola senza che vengano rintracciati. Speriamo che la legge approdi presto in Parlamento.

di Carmen Voganiù
Giornalista e autrice