L’intervento del cardinale segretario di Stato alla plenaria della Comece

L’Europa ricordi
i suoi doveri umanitari

 L’Europa ricordi  i suoi doveri umanitari  QUO-070
27 marzo 2025

Il dovere di stare vicino al popolo ucraino ingiustamente aggredito


di Alessandro Di Bussolo

L’Europa tutta deve prendere maggiormente coscienza del ruolo e delle responsabilità che ha nel mondo, «senza cedere ad una logica difensiva e di mero riarmo che diviene prodromo di chiusure e nuovi conflitti». E pensare «al bene dell’Europa non esime dal pensare al bene di tutta l’umanità». Per cui, nel perseguire le priorità di «competitività e difesa» che la Commissione Europea si è data nel suo nuovo mandato, «non si possono tralasciare obblighi morali come l’aiuto umanitario e lo sviluppo dei Paesi più poveri, il rispetto dei diritti umani e la tutela dell’ambiente». Lo ha sottolineato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin intervenendo ieri alla assemblea plenaria della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece), in corso a Nemi fino al 28 marzo. Ricordando che «varie organizzazioni, anche cattoliche, dedicate all’aiuto umanitario, hanno alzato in questi giorni la loro voce sulla forte riduzione delle risorse che ricevono, per questi fini».

Il porporato ha toccato molti temi di attualità per la missione della Chiesa in Europa e più specificamente in riferimento all’Unione europea e al lavoro della Comece. A partire proprio dal ruolo politico del continente anche davanti alla politica estera della nuova Amministrazione statunitense, che sta mettendo in discussione «le relazioni atlantiche sviluppatesi dal 1945 e ritenute da tutti solide e durevoli».

Sul conflitto causato dall’invasione russa dell’Ucraina, il segretario di Stato ha ribadito la richiesta di Santa Sede e Comece per la «fine negoziata della guerra, una pace giusta e duratura, il rispetto del diritto internazionale, e lo sforzo comune per la ricostruzione» del Paese invaso. Davanti agli osservatori della Chiesa cattolica di Ucraina, il cardinale ha ricordato il dovere di «stare vicino al popolo ucraino ingiustamente aggredito» e chiedere «alle parti belligeranti e all’intera Comunità internazionale di adoperarsi per una rapida e giusta soluzione».

Rievocati i mutamenti politici in molti Stati membri dell’Unione europea, portati alla luce dalle elezioni del giugno 2024, Parolin ha invitato gli episcopati a mantenere un dialogo aperto e sincero con tutte le forze politiche, collaborando «a favore del bene comune, rispettando anche la legittima autonomia dell’ambito politico». Non può venire meno, ha spiegato, «il nostro impegno in difesa della vita», della «famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna», della libertà educativa, «del rispetto della dignità di ogni persona, specialmente di quelle più fragili: i giovani, gli anziani, i disoccupati, gli immigranti e i richiedenti asilo».

Ma il cardinale ha osservato come «anche tra i politici di ispirazione cristiana, vi sia una minore consapevolezza dei valori che hanno contribuito a dare vita alle Comunità europee». Per questo ha invitato i vescovi a «iniziative volte alla sensibilizzazione e alla formazione dei cristiani impegnati in ambito politico» e a non essere «timidi» nel «chiedere un impegno maggiore di coerenza ai politici cattolici nel superare le logiche di partito».

Sul tema delle migrazioni, ricordando l’insegnamento di Papa Francesco sul «nostro dovere di accogliere, accompagnare e integrare» persone «che cercano un futuro migliore per loro e le loro famiglie», Parolin ha auspicato che la politica comune che l’Unione europa sta cercando di definire, «sia solidale e rispettosa dei diritti umani e il più possibile generosa». Questo pur «non mancando di considerare pure le questioni connesse alla sicurezza e di sviluppare adeguati percorsi di integrazione». Compito della Comece è dialogare con le istituzioni perché «non si manchi mai di guardare ai migranti come a persone con le proprie storie, i propri drammi e le proprie attese, e non semplicemente come a numeri».

Parlando dei rapporti di collaborazione tra la Segreteria di Stato e la Commissione dei vescovi, il porporato ha citato il caso dell’applicazione del Regolamento generale sulla protezione dei Dati dell’Unione europea (Gdpr). Un tema «delicato» che interessa la vita dell’intera Chiesa «e per certi versi anche la stessa libertas ecclesiae». Il riferimento è al lavoro «che si sta portando avanti in difesa dei registri di battesimo, allorché sono minacciati da ricorsi pretestuosi presso le Autorità nazionali di protezione dei dati personali e ora anche in un procedimento presso la Corte di Giustizia dell’Unione europea».

Infine il segretario di Stato ha accennato a due avvenimenti ecclesiali «particolarmente significativi per la vostra missione in Europa». Il primo è il Sinodo sulla sinodalità: del percorso per arrivare al documento approvato lo scorso ottobre, Parolin ha citato l’assemblea continentale europea del febbraio 2023 e il suo tema: «Allarga lo spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza risparmio, allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti». Una bella immagine del profeta Isaia, che può essere applicata molto bene all’Europa e alla sua missione a favore del «rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, della giustizia e della solidarietà, e della parità tra uomini e donne», come recita il Trattato sull'Unione europea. Visto che ci sono vari Paesi candidati all’ingresso nella Ue, «la Chiesa può contribuire a favorirne l’integrazione, una volta compiuti i necessari passi, in modo da allargare lo spazio della “tenda europea”».

Il secondo è il Giubileo della speranza, che vede il 27 marzo i vescovi della Comece pellegrini alla Porta Santa di San Pietro. «Il mondo e l’Europa hanno bisogno di aprirsi di nuovo alla speranza» ha concluso Parolin, una speranza «non mondana, ma trascendente, che possa veramente soddisfare il desidero profondo dell’uomo, che è quello di vedere Dio», come affermava Papa Francesco parlando di san Benedetto nel suo discorso alla Conferenza (Re)Thiking Europe nell’ottobre 2017. È Gesù Cristo vivente nella sua Chiesa la vera sorgente della speranza e dell’Europa intera «e la Chiesa ha il dovere di offrire di nuovo questo lieto annuncio anche a questo nostro vecchio continente che per tanti versi sembra smarrito».