
Una preghiera corale per Papa Francesco che «in questo momento di fragilità umana non serve certo meno efficacemente, sebbene in un’altra forma, la Chiesa e l’umanità». Le parole dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, sono risuonate ieri pomeriggio, 20 marzo, nella chiesa del Gesù a Roma. Nella «casa» dei gesuiti, l’ordine religioso al quale appartiene il Pontefice, il presule ha celebrato la messa per la salute di Papa Bergoglio, il quale — ha riferito Gallagher ai presenti — «è grato per la vicinanza e la preghiera che, specie in questi ultimi tempi, sale al Cielo in modo copioso per lui, per il suo universale ministero e per il ristabilimento della sua salute».
L’omelia della messa — organizzata dal decano del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, che è l’ambasciatore di Cipro, e dai “colleghi” delle rappresentanze diplomatiche di Polonia e Lituania — è stata tutta incentrata sull’amore divino che «continuamente fluisce» da Dio «attraverso il Cuore trafitto di Gesù» e che chiede di essere ricambiato. Un amore che si incontra «con la nostra miseria, con i nostri peccati e assume la connotazione di “misericordia”». È quell’amore che porta alla via giusta. «Il tempo forte della Quaresima — ha sottolineato Gallagher — è propizio per approfondire questa via». Percorrerla significa lasciarsi amare dal Signore e approdare a una rinascita spirituale che apre «nuovi spazi e nuovi orizzonti di speranza, di libertà e di pace».
Il pericolo è che invece si passi dalla vita alla morte. «Anche ai nostri giorni — ha spiegato il celebrante —, dove la minaccia del male si fa sempre più consistente e l’oscurità a volte sembra come prevalere sulla stessa luce: lo vediamo tristemente con la guerra nella martoriata Ucraina, in Palestina, Israele, Libano, Myanmar, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, e in altri luoghi di conflitto».
La rinascita spirituale porta anche alla via dell’incontro, ma gli ostacoli non mancano. «C’è chi alimenta purtroppo senza sosta — ha detto il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali — una cultura di morte», abbracciando la «logica perversa dell’odio, della prevaricazione e, quindi, della guerra, ad ogni livello. Il mondo diventa così teatro di uno scontro di etnie e di civiltà, di culture e di religioni».
I cristiani sono invece chiamati a diffondere i valori di amore, giustizia e pace. «Benedetti sono quei tempi e quei luoghi — ha aggiunto Gallagher — dove ci si siede intorno allo stesso tavolo e si confida sulla forza della ragione e della coscienza, avendo come orizzonte l’indicibile valore della dignità umana!».
«Quanto c’è bisogno ai nostri giorni — ha proseguito — di una diplomazia sganciata da miserabili interessi umani per poter operare liberamente a favore del bene comune, cooperando insieme per assicurare a tutti i beni supremi della giustizia e della pace!».
Più volte il Papa, ha ricordato l’arcivescovo, esorta ad abbracciare la logica dell’incontro perché l’uomo è fatto di relazioni aperte ed altruistiche. Così anche la Chiesa in uscita, evocata da Francesco, è fatta di uomini che guardano agli altri, che si preoccupano di servire il bene comune. L’egocentrismo infatti è chiusura, una gabbia che impedisce di essere «benedizione» per tutti. «C’è una enorme differenza tra chi porta agli altri la vita, tendendo la mano per salvare — ha evidenziato —, e chi invece porta la morte, privando l’altro dell’aiuto necessario per sopravvivere!».
Monsignor Gallagher ha concluso ribadendo che serve «una luce superiore» per guidare nelle scelte e aiutare gli uomini del nostro tempo a portarle avanti. «Proprio nella preghiera, che è fatta anche di silenzio, dobbiamo imparare a sentire la voce della coscienza, che non è un giudizio arbitrario, ma la voce del Signore che risuona nel santuario interiore della mente e del cuore». Del resto quanti «si sono battuti per la dignità umana, che hanno lottato contro le dittature, la tirannia e le ingiustizie, anche se non sempre condividevano la fede cristiana o una fede religiosa, l’hanno fatto a nome della coscienza, riconoscendo in essa quella voce superiore che indica la strada giusta».
L’invito del celebrante è stato dunque di approfittare del tempo quaresimale «per fare silenzio ed entrare in questo santuario interiore della coscienza», implorando la Vergine del Silenzio, alla quale affidare anche la salute del Papa e la pace nel mondo. (Benedetta Capelli)