Pellegrinaggi giubilari a Roma
Esploratori di nuovi

di Susanna M. de Candia*
Centinaia di fedeli della diocesi pugliese di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, di cui 20 sacerdoti e un diacono, si sono messi in pellegrinaggio sabato scorso, 15 marzo, per vivere un momento giubilare comunitario.
Guidati dal vescovo Domenico Cornacchia, dal mattino presto si sono ritrovati in via della Conciliazione per incamminarsi verso la Porta Santa della basilica di San Pietro e lasciarsi abbracciare dalla misericordia del Signore. Un gesto tanto simbolico quanto concreto, per tanti compiuto per la prima volta, per andare oltre la quotidianità fatta di cadute, fatiche, dubbi, errori e cambiare prospettiva su se stessi, sugli altri, sulla vita.
La magnificenza della basilica lascia un senso di immensità, di amore accogliente e salvifico, di possibilità reale di conversione. È come prendere coscienza che uno sguardo diverso, non giudicante ma amorevole, lenisce le ferite interiori che tutti ci portiamo addosso, giorno per giorno, anche senza averne troppa coscienza. In quel momento, il messaggio che la speranza non delude si fa certezza, commozione.
Per Martina e Silvia, giovani educatrici Acr, è stata la prima esperienza, vissuta con grande entusiasmo: «a ogni passo compiuto, il nostro cuore si riempiva sempre più di gioia, consapevolezza e speranza; attraversare la Porta Santa è stato un momento emozionante in cui il nostro cuore era libero da ogni preoccupazione, un momento in cui ci siamo completamente affidate al Signore, sentendoci accolte nelle sue braccia».
Qualcuno ha accolto l’invito e la grazia di vivere il Giubileo come momento familiare, «un’opportunità per rinforzare i legami, riscoprire il senso di comunità e riflettere sul proprio cammino spirituale. La realtà dell'esperienza ha superato le aspettative» condivide una mamma, che ha raccolto le impressioni dei figli, tra gli 11 e i 14 anni, i quali hanno sentito «battere il cuore» e hanno percepito «Dio vicino» e hanno sentito una maggiore unione nella loro famiglia. Sarà un’esperienza da custodire, ravvivare e raccontare, per testimoniare che, anche in una società dove i rapporti interpersonali sono complicati e quelli familiari diventano spesso ingarbugliati, è possibile lasciare spazio alla grazia e alla fede e sentirsi accompagnati nel cammino di tutti i giorni.
E ancora, c’è chi all’interno di un servizio associativo parrocchiale ha accettato la chiamata a vivere un momento di cammino insieme agli altri fratelli della Diocesi, per arricchire la propria vita cristiana e concedersi la possibilità di riconoscere i segni della presenza di Dio e celebrare, a livello personale, il primo Giubileo.
Nella maestosità della basilica di San Pietro, monsignor Cornacchia ha celebrato l’Eucaristia. All’omelia ha delineato l’identità dei cristiani: essere «pellegrini, non nomadi, non viandanti né sedentari e anche se i sentieri del Signore non sono i nostri, vivere bene il Giubileo è impegnarsi per una vera conversione verso Dio e ciò che è a Lui gradito. La straordinarietà del cristiano non consiste nel fare cose diverse, ma nel viverle in modo diverso». Se, come riporta il Vangelo, amando chi ci ama e salutando i fratelli non si fa qualcosa di straordinario, «l’ordinarietà della nostra vita ci spinge a viverla come occasione unica e irripetibile» e, ha specificato il vescovo, «l’Anno Santo ci esorta a congiungere perdono e misericordia, insieme». Tutto questo permetterà di cambiare il futuro, «la conversione ci deve spingere a metterci in cammino come esploratori di nuovi sentieri spirituali», ha concluso il presule.
E in tanti sono tornati a casa con questa consapevolezza e questa speranza, per rinnovare la quotidianità. Certi che, con l’aiuto del Signore, ciascuno dei 750 partecipanti riconoscerà la preziosità e l’unicità che sono state donate in questa esperienza.
*Vicedirettrice del settimanale diocesano «Luce e vita»