Don Mattia Ferrari conferma la scomparsa di uomini e donne, vittime di arresti arbitrari

Libia: a danno dei migranti «un progressivo intensificarsi di violenze»

 Libia: a danno dei migranti «un progressivo intensificarsi di violenze»   QUO-060
14 marzo 2025

di Francesca Sabatinelli

Serve una reazione umana, una reazione cristiana, perché in gioco ci sono le vite di chi subisce violenza e tortura, ma anche la vita e l’identità di tutti noi, c’è in gioco quello che siamo e quello che vogliamo essere. Don Mattia Ferrari, cappellano di Mediterranea Saving Humans, non smette mai di denunciare, di farsi latore di messaggi disperati di chi — come nelle ultime ore Refugees in Libya — lancia appelli nel nome dell’umanità. Il canale X sul quale i migranti stessi raccontano ciò che subiscono, nelle ultime ore ha scritto che in Libia, a Tripoli, sono stati effettuati arresti arbitrari di massa di rifugiati e che a migliaia sono stati condotti in luoghi sconosciuti, tra loro anche diversi cristiani.

«Assistiamo ad un progressivo intensificarsi di queste violenze, gravissime e totalmente inaccettabili» spiega don Mattia. Il sacerdote conferma che tutto questo avviene contro i migranti e contro i cristiani. Don Mattia fa l’esempio «dell’ormai famoso Al-Masri», il libico accusato di crimini contro l’umanità e crimini di guerra dalla Corte penale internazionale in quanto responsabile di aver ordinato, e anche eseguito omicidi, torture, violenze, contro migranti. Colui che, arrestato e poi scarcerato dall’Italia il 22 gennaio scorso, ora è di nuovo libero in Libia. «Per tanto tempo abbiamo denunciato le violenze che lui e i suoi uomini compiono ai danni dei cristiani, in evidente odio alla fede».

Di tutte le persone che vengono arrestate spesso si perdono le tracce, e la Libia dimostra di essere «un grande buco nero», poiché «il sistema dei lager, dei centri di detenzione, è terribile». A volte si riescono a recuperare informazioni e si riescono a rintracciare le persone rinchiuse in centri dove avvengono atrocità che l’Onu definisce “indicibili”. Come l’orrore generato dalla recente scoperta di fosse comuni, con corpi quasi sicuramente di migranti, nel deserto libico di Alkufra. «Ci sono cose terribili che non pensavamo avremmo mai visto — continua don Mattia — pratiche di tortura oltre l’immaginabile, con strumenti e tecniche che infliggono una sofferenza disumana e che reprimono queste persone semplicemente perché sono portatrici del grido della fraternità». Una infamia che ha la complicità del silenzio della comunità internazionale, «che nasce dal saldarsi di due cose: da una parte il cinismo di alcune scelte politiche, dall’altra l’indifferenza di tante persone. Ci si dimentica che siamo tutti quanti responsabili dei nostri fratelli e sorelle, perché nessuno può ritenersi estraneo alle cause che stanno alla base delle migrazioni forzate e alle ragioni che spingono le persone a intraprendere viaggi migratori pericolosi». Ciò che non si può e non si deve dimenticare, è che esiste «una responsabilità legata a ragioni di giustizia e ne esiste una legata a ragioni di umanità e di fraternità».

La giustizia internazionale continua a non perseguire e a non mettere fine all’impunità che circonda i comandanti delle milizie libiche. «È una mafia estremamente potente — prosegue il cappellano di Mediterranea Saving Humans — che si è inserita fortemente nel sistema di respingimento, tanto che alcuni capi della mafia libica hanno anche ruoli ufficiali dentro al sistema». Sono molte le organizzazioni umanitarie che denunciano l’impunità, il fatto che nessuno venga mai chiamato a rendere conto dei crimini che commette, tutto questo non permette una operazione di verità e di giustizia, è l’indicazione di don Mattia, «presupposto per la cosa fondamentale di tutte che è la riconciliazione».

Libia e Tunisia, come da tempo denunciato, sono legate dalle terribili violenze subite dai migranti. «In entrambi i casi le violenze avvengono perché c’è un sistema di respingimento promosso dall’Europa, che viene realizzato chiedendo a questi Paesi e alle loro milizie di respingere e di contenere, per conto delle nazioni europee, i migranti». E se in Libia c’è un sistema di lager, in Tunisia c’è quello della deportazione nel deserto, dove vengono abbandonati i migranti catturati in mare dalla Garde nationale tunisina, così come previsto dagli accordi con Italia e Ue. «Quando c’è una rottura così violenta della fraternità — conclude don Mattia Ferrari — poi si apre un baratro infernale di violenza, di dominio delle mafie e di tracollo della nostra umanità».