Pellegrinaggio giubilare della diocesi di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola

Un passo dopo l’altro
per vincere sulla sfiducia

 Un passo dopo l’altro per vincere sulla sfiducia  QUO-048
27 febbraio 2025

«Una giornata piena, un nuovo inizio, un dono prezioso». È il Giubileo vissuto da Maria Cristina Nicolini, pellegrina giunta a Roma sabato scorso con i fedeli provenienti dalle diocesi di Fano, Pesaro e Urbino. Tutti insieme, per un viaggio che ha coinvolto circa 1300 persone — partite di notte, con un treno speciale e numerosi pullman — guidate dal vescovo di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola, Andrea Andreozzi, e dall’arcivescovo di Pesaro e di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado, Sandro Salvucci.

La sensazione, ha confidato ai media vaticani Nicolini, che è segretaria del consiglio pastorale diocesano di Fano, è stata di vivere «un percorso davvero ecclesiale perché al pellegrinaggio erano rappresentate tutte le anime che formano le nostre comunità: giovani, adulti, anziani, famiglie con bambini». Uniti in un «respiro ampio di Chiesa», in grado di coinvolgere anche «persone non troppo vicine alla vita parrocchiale» ma accomunate dalla «gioia di riconoscerci e salutarci da piazza Pia lungo via della Conciliazione, mentre ci si metteva in ordine per arrivare a San Pietro e passare per la Porta Santa».

Il momento dell’attraversamento Maria Cristina l’ha sentito come un vero «atto di benevolenza del buon Dio nei miei confronti», mentre don Mauro, uno dei parroci pellegrini, ha detto di aver varcato per due volte la Porta Santa: una per lui, un’altra per i suoi parrocchiani. Anche don Mario, ha confidato di aver fatto un doppio passaggio, ma per una diversa ragione: essendo molto avanti con l’età, ha voluto “assicurarsi” anche il prossimo Giubileo, convinto che il buon Dio lo chiamerà a sé prima di allora.

Si è «lasciata guidare» perché «camminando s’apre cammino» la coordinatrice del consiglio pastorale fanese Giulia Gargamelli. Partita semplicemente «con il desiderio di andare in viaggio con altre persone, forse senza aver troppo pensato a cosa significasse vivere un Giubileo», ha poi «sperimentato la gioia di fare un passo dopo l’altro aspettando gli altri, stando in fila, senza la pretesa di avere tutto sotto controllo, di conoscere orari, meta, tragitto, tappe, compagni di viaggio». Per la donna la speranza è stata «un atto di affidamento», parte di qualcosa di più grande: «Il sacramento della riconciliazione — racconta — ha colmato il mio bisogno di speranza» e, «come per i discepoli di Emmaus, mi ha portato a riprendere coraggiosamente il cammino. A volte — ha aggiunto — mancano la forza e la voglia di fare un piccolo passo iniziale, per vincere sulla sfiducia, ma poi, se ci lasciamo prendere per mano, la strada si apre improvvisamente come un varco insperato».

Per monsignor Andreozzi il pellegrinaggio è stato «una bella sorpresa: in due momenti del tragitto ho fatto una piccola “visita pastorale” a quanti erano in viaggio con me. Ricordo, in fondo al piano superiore del pullman su cui viaggiavo, cinque signore moldave che lavorano come badanti a Cagli, le quali, avendo avuto notizia del pellegrinaggio, non hanno esitato a partire per Roma. Credo che — ha concluso il vescovo di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola — nonostante il poco tempo a disposizione e il numero dei partecipanti, la carovana ha mantenuto, anzi accresciuto, la vicinanza tra noi».