
di Roberto Cetera
«Il 7 ottobre ho perso mio padre e mia madre, ma ho acquistato un fratello» dice con un largo sorriso Maoz. Nella loro casa di Netiv HaAsara i genitori di Maoz quella terribile mattina rimasero uccisi da un razzo incendiario di Hamas. Da quel giorno Maoz Inon, 50 anni, imprenditore turistico israeliano, ha scelto di compensare il suo dolore con un impegno deciso e coraggioso contro la guerra, e per la pace tra i due popoli, interpretando anche la sofferenza degli “altri”. Quello che lui chiama fratello acquisito è Aziz Abu Sarah, 45 anni, anch’egli operatore turistico, palestinese di al-Eizariya, la cittadina al confine tra Gerusalemme e la Cisgiordania, che noi conosciamo col nome di Betania. Quando Aziz aveva solo 9 anni, suo fratello Tayseer di 18 anni venne arrestato dai soldati israeliani perché sospettato di aver tirato dei sassi contro auto di targa israeliana. Tayseer rimase nella prigione israeliana per circa un anno. Dopo essere stato finalmente rilasciato, tornato a casa morì solo alcune settimane dopo a causa delle lesioni interne provocate dalle torture subite durante la detenzione. Anche per Aziz la meta di questa sofferenza è stata un impegno incondizionato in favore della pace tra i due popoli. Racconta Maoz a «L’Osservatore Romano»: «Il 7 ottobre dopo essere stato informato della tragedia che si era abbattuta sulla mia famiglia, la prima telefonata di condoglianze e vicinanza affettuosa che ho ricevuto è stata quella di Aziz. La lotta per la pace ci ha reso fratelli, più di quanto possano i vincoli di sangue». Il percorso che ha condotto Maoz ed Aziz a questa fratellanza nella pace non è però iniziato il 7 ottobre. Maoz aveva nella sua fortunata carriera di imprenditore turistico, programmato itinerari che includessero anche i territori palestinesi occupati, si era distinto per l’originalità dei suoi tour, e per questo aveva subito critiche in ambiente israeliano. Aziz invece dopo la morte del fratello si era trasferito a Gerusalemme per ottenerne la carta d’identità e dove, unendosi alla gioventù di al Fatah, si era fatto conoscere per i scritti molto duri contro gli occupanti israeliani, frutto di una rabbia e una frustrazione covata fin dalla più tenera età; scritti che gli provocarono sei mesi di arresto. Il trasferimento a Gerusalemme tuttavia gli consentì di conoscere per la prima volta la realtà israeliana, di imparare la lingua ebraica e di frequentare un college cristiano, tutte cose che gli permisero di cominciare a vedere il conflitto sotto una diversa luce. E così ha iniziato a frequentare il Parents Circle Families Forum, un’associazione che riunisce le famiglie, sia israeliane che palestinesi, che hanno perso un congiunto a causa della guerra, e che non invocano vendetta ma riconciliazione, pace e tolleranza. Dopo il 7 ottobre l’impegno pacifista di Maoz e di Aziz è divenuto prioritario nelle loro vite, dandone testimonianza non solo in Israele-Palestina, ma viaggiando in tutto il mondo. Lo scorso 18 maggio insieme hanno incontrato Papa Francesco a Verona. «Un incontro, che attraverso le parole di incoraggiamento del Santo Padre, ha cambiato ulteriormente ed arricchito il nostro impegno per la pace. Papa Francesco ci ha emozionato profondamente» ci dice Aziz. «In un mondo lacerato da una mentalità polarizzante che esaspera le divisioni già esistenti, le parole di Papa Francesco si distinguono come le sole ad essere orientate al dialogo, al rispetto, alla pace. Papa Francesco è l’unico leader mondiale che propone un nuovo umanesimo» continua Maoz. Ed insieme: «Speriamo che attraverso questa intervista gli possano giungere i nostri auguri di pronta guarigione. Che sappia che ogni giorno preghiamo entrambi per lui».
L’attivismo di Aziz e Maoz intanto ha portato ad un primo importante risultato: la nascita di un coordinamento di ben 60 organizzazioni, israeliane e palestinesi, impegnate per la pace che ora operano insieme in un cartello denominato “It’s time”, cioè “è tempo”: per riprendere il dialogo, è tempo per far tacere le armi, è tempo per pacificare gli animi, è tempo per riconoscere le reciproche sofferenze. “It’s time” propone ora un evento straordinario «la più grande manifestazione per la pace della storia di Israele e Palestina» auspica Maoz. Avrà luogo a Gerusalemme l’8 e 9 maggio prossimi. «Oltre le nostre associazioni, invitiamo a partecipare esponenti della società civile, politica e religiosa di ogni parte del mondo. Esponenti delle confessioni cristiane di Terra Santa hanno già garantito la loro partecipazione. Saranno due giorni con tanti eventi che avranno luogo in più punti della città, sia ad est che ad ovest, e anche nella Città Vecchia. E un grande spazio dove si terrà l’incontro finale» spiega Aziz. Conclude Maoz: «La stragrande maggioranza degli israeliani e dei palestinesi non vuole più guerra. Non vuole più lutti, violenza e sofferenza. È ora che i leader politici lo capiscano».