La testimonianza dei maestri infioratori

Opere effimere ma piene di speranza

 Opere effimere  ma piene di speranza   QUO-040
18 febbraio 2025

In linguaggio tecnico, è denominata “arte effimera” perché ha a che fare con i fiori e con la loro caducità. Eppure, nulla sembra più duraturo di un’infiorata, se non altro perché la bellezza degli elementi naturalistici che la costituiscono rimanda alla bellezza della speranza, virtù teologale umile ma forte, paziente e che mai delude.

Il Giubileo degli artisti e del mondo della cultura che si conclude oggi è stato vissuto anche ai maestri infioratori di varie parti del mondo, riuniti nel Cidae, il Coordinamento internazionale di enti di arte effimera. Sabato scorso, a Roma, sono giunte cinque delegazioni provenienti da Giappone, Spagna, Germania, Malta e Italia, per un totale di 190 persone che hanno realizzato diverse opere nei dintorni del Vaticano, intrecciando con maestria garofani e gerbere, sabbie colorate e segatura, trucioli tinti e conchiglie, ghiaie e graniti, verdure e terra da giardino.

«Con la nostra arte vogliamo esprimere soprattutto la speranza della fratellanza e dell’amicizia tra i popoli — spiega ai media vaticani Vicenta Pallarès i Castelló, presidente del Cidae —. Il Giubileo è un’opportunità per fare questo». Per l’Anno Santo, prosegue, «abbiamo realizzato due infiorate: la prima, posizionata sotto l’obelisco di piazza San Pietro, rappresenta lo stemma del Giubileo. La seconda, un’opera di 300 metri quadri, è stata collocata a piazza Risorgimento: al centro, vi è raffigurato il Papa che benedice le nostre delegazioni e attraverso di esse, idealmente, tutto il mondo. Le associazioni sono raffigurate all’interno di grandi cerchi che, uniti, formano un rosario, segno mariano per eccellenza. Così, la Madre di Dio ci abbraccia e ci aiuta a sperare in un mondo migliore».

Vicenta non nasconde la fatica del lavoro compiuto, a partire dai «trenta quintali di materiale che ogni delegazione ha dovuto impiegare». Al contempo, però, l’immane sforzo si è tramutato in grazia e meraviglia, perché «tutto ciò che la natura ci dona in bellezza, noi lo riportiamo in queste bellissime opere realizzate a terra». Pur essendo, quindi, «un’arte effimera», la composizione di tappeti floreali «lascia ugualmente un segno nei cuori».

Il ricovero di Papa Francesco in ospedale ha impedito al Cidae di incontrarlo. «La notizia ci ha colpiti — afferma la presidente del Coordinamento —. Ma vogliamo comunque ringraziare il Pontefice per averci permesso di realizzare le nostre opere nei pressi del Vaticano, opere che gli doniamo come segno di gratitudine e di affetto». «Vogliamo dirgli anche che gli siamo vicini con le nostre preghiere — conclude la donna —. Abbiamo passato la Porta Santa della basilica di San Pietro con il pensiero rivolto a lui. Infine, gli diciamo grazie per il sentimento di speranza che ha voluto lanciare con il Giubileo».

«Il senso di realizzare un’opera di arte effimera — aggiunge Giampaolo Leuti, presidente dell’Associazione Accademia dei maestri infioratori di Genzano, paese in provincia di Roma dove da 247 anni si tiene una storica infiorata per la solennità del Corpus Domini — consiste nell’edificare la bellezza in un mondo complesso e nel condividere quanto nato in San Pietro nel 1625 ad opera di Benedetto Drei, architetto e fiorista responsabile della floreria vaticana, colui che per primo ha ideato l’infiorata tramandandola poi, nel 1778, al nostro paese». «Le opere da noi realizzate — prosegue — rappresentano un ponte verso un mondo che si auspica migliore per i nostri figli». «Speriamo — conclude Leuti — che il nostro voler costruire il bello, assieme alle nostre preghiere, possa aiutare Papa Francesco a guarire presto». (isabella piro)