Hic sunt leones
La scrittrice e attivista nigeriana per i diritti e contro il razzismo

Adichie, una donna africana del XXI secolo

  Adichie, una donna africana  del XXI secolo  QUO-031
07 febbraio 2025

di Giulio Albanese

Chimamanda Ngozi Adichie è certo una donna ben conosciuta nei circoli culturali di mezzo mondo. Forse un pò meno dal grande pubblico. Ma dovrebbe esserlo, per se stessa e perché è un esempio emblematico delle donne africane brillanti, cariche di idee, coraggio e determinazione. Stiamo parlando di quelle donne che sempre più si distinguono in vari ambiti e che rappresentano delle vere avanguardie in un continente che anela al riscatto. Qualcuno ha scritto che con il loro ingegno e la loro creatività salveranno il mondo. In effetti, oggi molte di loro hanno le carte in regola e le loro performance professionali non hanno nulla da invidiare a quelle al maschile. Leggere le loro storie — sono davvero tante — significa compiere un atto rivoluzionario, la soft revolution della quale questo pianeta non può più fare a meno.

Viene dunque Adichie da questa Africa misconosciuta e spesso sottostimata. È nata il 17 settembre del 1977 a Enugu, oggi capitare dell’omonimo Stato nigeriano, ma dal 1967 al 1970 capitale dell’autoproclamata Repubblica secessionista del Biafra, teatro di una sanguinosa guerra intestina conclusasi con la resa dei ribelli e con strascichi dolorosi. Il suo curriculum vitae ha due chiavi di lettura, una per così dire “classica” — famiglia, studi, attività professionali, riconoscimenti — e l’altra di indagine sulla testimonianza e sulle convinzioni che emergono dalla sua opera letteraria.

Quinta di sei figli, appartiene a una famiglia dell’etnia Igbo. Il padre lavorava come professore di statistica presso la locale Università di Nsukka, mentre la madre fu la prima donna a diventare direttrice presso la stessa Università. Il suo curriculum vitae la dice lunga. Ha studiato medicina per un anno e poi è partita per gli Stati Uniti all’età di 19 anni per continuare la sua formazione su un percorso completamente diverso. Si è laureata summa cum laude presso l’Eastern Connecticut State University conseguendo una laurea in Comunicazione e Scienze Politiche. Ha ottenuto un Master in Scrittura Creativa presso la Johns Hopkins University e un Master of Arts in Storia Africana presso la Yale University. Ha ricevuto una borsa di studio Hodder presso la Princeton University per l’anno accademico 2005-2006 e una borsa di studio presso il Radcliffe Institute della Harvard University per l’anno accademico 2011-2012. Nel 2008, ha vinto una borsa di studio dalla fondazione MacArthur.

Ha ricevuto lauree honoris causa dalla Eastern Connecticut State University, dalla Johns Hopkins University, dall’Haverford College, dal Williams College, dall'Università di Edimburgo, dalla Duke University, dall’Amherst College, dal Bowdoin College, dalla SOAS University of London, dall’American University, dalla Georgetown University, dalla Yale University, dalla Rhode Island School of Design, dalla Northwestern University, dall’Università della Pennsylvania, dallo Skidmore College e dall’Università di Johannesburg. Le sue opere letterarie sono state tradotte in oltre trenta lingue.

Il suo primo romanzo, Purple Hibiscus (2003), ha vinto il Commonwealth Writers’ Prize, e il suo secondo romanzo, Half of a Yellow Sun (2006), si è aggiudicato l’Orange Prize. Mentre Americanah del 2013 ha vinto l’US National Book Critics Circle Award ed è stato nel 2013 uno dei Top Ten Best Books pubblicati da «The New York Times». Come se non bastasse, ha tenuto due importanti e prestigiosi TED Talks. Si tratta di conferenze interazionali annuali gestite dall'organizzazione privata non-profit statunitense Sapling Foundation, in origine su tecnologie e design (TED è appunto l’acronimo di Technology Entertainment Design), ma via via allargatosi ai mondi al mondo scientifico, culturale e accademico. Adichie tenne quello del 2009 intitolato “The Danger of A Single Story” e il TED Euston del 2012 intitolato “We Should All Be Feminists”, che hanno dato il via a un dibattito mondiale sul femminismo e sono stati pubblicati come libro nel 2014. Dear Ijeawele, or a Feminist Manifesto in Fifteen Suggestions, è stato pubblicato nel marzo 2017. Il suo lavoro più recente, Notes On Grief un saggio sulla perdita del padre, è del 2021. Nel 2024 ha contribuito anche alla rubrica del nostro giornale “La buona notizia”, con alcune riflessioni sul Vangelo della domenica.

È stata nominata una delle 100 persone più influenti al mondo dalla rivista «Time» nel 2015. Nel 2017, la rivista Fortune l’ha nominata una delle 50 più grandi leader del mondo. È membro sia dell’American Academy of Arts and Letters che dell’American Academy of Arts and Sciences. Donna estremamente dinamica, Adichie fa spesso la pendolare tra gli Stati Uniti e la Nigeria, dove tiene un workshop annuale di scrittura creativa.

Né quella suddetta chiave di lettura rivela solo il suo impegno per la promozione della donna in genere e di quelle africane in particolare. Parlando dei suoi esordi come scrittrice, Chimamanda Ngozi Adichie dice: «Non ho mai deciso consapevolmente di dedicarmi alla scrittura. Scrivo da quando ero abbastanza grande da saper scrivere, e il solo fatto di sedermi e scrivere mi ha fatto sentire incredibilmente realizzata». All'età di 21 anni, Adichie aveva già pubblicato una raccolta di poesie, Decisions (1997), e un’opera teatrale, For Love of Biafra (1998). Decisions affronta temi come politica, religione e amore, argomenti che sono al centro anche dei suoi scritti successivi. In questa raccolta, la giovane autrice esprime occasionalmente speranza per il futuro del suo paese, ma in molti dei pezzi politici esprime la sua frustrazione per le lotte della Nigeria, come nella poesia «Standstill». Anche se la raccolta riflette l’ingenuità giovanile dell’autrice, alcuni dei suoi testi annunciano la schiettezza appassionata e la bella qualità ritmica che sarebbero diventate i tratti distintivi della produzione sua successiva.

Nell’opera teatrale For Love of Biafra, dell’anno seguente, Adichie racconta le dolorose esperienze di una giovane donna Igbo, Adaobi, e della sua famiglia, al tempo della guerra civile nigeriana della fine degli anni ‘60. L’ottimismo iniziale della famiglia sulla creazione di una nazione indipendente e pacifica del Biafra nella Nigeria orientale, dopo la secessione della regione dal resto del paese, finisce nella disillusione. Massacri quotidiani, fame e malattie mietono vittime tra i membri della famiglia di Adaobi e distruggono le speranze del Biafra.

Sebbene Adichie sia nata sette anni dopo la fine della guerra, afferma di «aver sempre provato un profondo orrore per tutte le bestialità che hanno avuto luogo e una grande pietà per le ingiustizie che si sono verificate». La sua fantasiosa ricostruzione degli eventi sembra suggerire che la guerra abbia influenzato completamente, e forse in modo permanente, l’identità di generazioni di Igbo. Questo marchio indelebile è fortemente sentito dall’eroina Adaobi, anche dopo la resa del Biafra. Successivamente, Adichie definì la sua opera teatrale “terribilmente melodrammatica”, ma questa prima opera testimonia la sua continua preoccupazione per la guerra civile nigeriana, un tema che esplorò anche in diversi racconti, tra cui “That Harmattan Morning” (2002) e “Ghosts” (2004), e che avrebbe affrontato nuovamente nel suo romanzo pluripremiato, Half of a Yellow Sun.

La “figlia del Ventunesimo secolo” come è stata definita da Chinua Achebe (il padre della letteratura africana di lingua inglese) è certamente una garanzia. La sua testimonianza di vita dimostra che in Africa non è possibile fare a meno di donne come lei.