Cresce la preoccupazione nelle cancellerie internazionali per la presenza — ormai data per certa anche dal Pentagono — di militari nord-coreani in Russia, pronti per essere impiegati nelle zone di combattimento contro l’Ucraina. L’allarme lanciato dall’intelligence di Seoul riguarda il dispiegamento di un contingente di almeno 10.000 uomini arrivati via treno in territorio russo.
Un eventuale utilizzo in combattimento dei militari di Pyongyang segnerebbe il punto di un’ulteriore escalation della guerra russo-ucraina dalle conseguenze imprevedibili a livello geopolitico globale.
Parlando con i media vaticani, il direttore del Centro studi internazionali (CeSI), Marco Di Liddo, analizza i differenti livelli di un eventuale coinvolgimento del contingente nord-coreano nel conflitto: «Una prima ipotesi riguarda la possibilità che i militari nord-coreani vengano arruolati nelle forze armate russe dopo essere stati dotati di falsi passaporti, facendoli passare per dei cittadini delle regioni orientali della Russia. In questo modo la Corea del Nord potrebbe cercare di evitare un’attribuzione diretta di responsabilità nei confronti dell’Ucraina per eventuali vittime o danni alle infrastrutture».
Ben diverso sarebbe, invece, il coinvolgimento di queste unità militari sotto le proprie insegne, eventualità che — secondo di Liddo — autorizzerebbe l’Ucraina a dichiarare la Nord Corea paese ostile.
«Un ulteriore tassello all’internazionalizzazione della guerra in Ucraina — prosegue l’analista del CeSI — potrebbe derivare dal fatto che di fronte al coinvolgimento di un paese terzo nulla vieterebbe a paesi europei o a paesi extraeuropei di inviare dei propri contingenti a supporto delle forze ucraine».
Il pericolo di un effetto domino sui molti contesti di crisi aperti a livello internazionale è, dunque, concreto e rischia di riannodare tutti i fili di quella «guerra mondiale a pezzi» tante volte denunciata da Papa Francesco e contro la quale il diritto internazionale appare impotente.
«È uno dei momenti più bassi per la storia delle Nazioni Unite, — chiosa — che riflette gli spasmi di un sistema internazionale che ha bisogno di essere riformato. Non dobbiamo darle per morte, tuttavia, il loro contributo è ancora importante, ma le regole della governance globale ormai sono cambiate e l’attuale sistema multilaterale appare di scarsa efficacia».
In un tale contesto internazionale, dominato dai singoli interessi nazionali e dall’assenza di vere partnership globali, le scelte degli Stati appaiono sempre più orientate da interessi settoriali e pragmatici. «In questo senso va letta anche l’alleanza che si è stabilita tra Mosca e Pyongyang», spiega Di Liddo, che aggiunge: «La Russia aveva bisogno di munizionamento di artiglieria e in questo momento anche di uomini da mandare al fronte. La Corea del Nord invece aveva bisogno soprattutto di un partner che la aiutasse dal punto di vista economico e umanitario, quindi con forniture di beni di prima necessità, di cibo, e che l’aiutasse a sviluppare o a migliorare la sua capacità militare nel comparto missilistico e satellitare».
di Stefano Leszczynski