Alluvioni devastanti da un lato, come sta accadendo in Spagna, siccità estrema dall’altro. Sono molteplici e, a volte, addirittura contrastanti i disastri che produce il clima impazzito in cui siamo immersi. Secondo i risultati dell’8° rapporto annuale sugli indicatori del “Lancet Countdown on Health and Climate Change”, riportati sulla rivista «The Lancet», lo scorso anno le precipitazioni violente hanno interessato circa il 60% delle terre, provocando inondazioni e aumentando i rischi di contaminazione dell’acqua o della trasmissione di malattie infettive. La siccità ha colpito il 48% della superficie terrestre globale, il secondo livello più alto mai registrato, e la maggiore frequenza di ondate di calore è stata associata a 151 milioni di persone in più che si sono trovate a sperimentare un’insicurezza alimentare moderata o grave rispetto agli anni 1981-2010. Ciò ha reso ovviamente il cibo molto meno affidabile di un tempo.
Le minacce, e le conseguenze, dei cambiamenti climatici, spinti in particolare dall’emissione di combustibili fossili, tuttavia, non riguardano solo la salute e la sicurezza alimentare, ma anche la stessa sopravvivenza dell’essere umano. Secondo gli esperti che hanno lavorato al report, le temperature record del 2023 — considerato l’anno più caldo mai registrato — hanno fatto sì che, in media, una persona abbia sperimentato 50 giorni in più di temperature pericolose rispetto a quanto avrebbe fatto in assenza di cambiamenti climatici.
Particolarmente vulnerabili le persone fragili, come gli anziani: lo scorso anno il numero di decessi legati al caldo negli over 65 ha raggiunto un livello superiore del 167% rispetto al numero di quelli degli anni Novanta. Senza i cambiamenti climatici, i ricercatori hanno stimato un aumento del 65% rispetto allo stesso periodo di tempo. «Di anno in anno i morti direttamente associati al cambiamento climatico sono in crescita costante», ha dichiarato Marina Belén Romanello, direttore esecutivo del Lancet Countdown. Mentre le persone più a rischio di malattie gravi e patologie associate all’esposizione del calore sono in particolare quelle che svolgono attività lavorative all’aperto, come per esempio gli operai edili, o che sono impiegate in ambienti privi di aria condizionata.
Inevitabile allora esigere dalla comunità internazionale un cambio di rotta. Subito, senza ulteriori compromessi al ribasso. Alla prossima Cop19, in previsione dall’11 novembre a Baku, in Azerbaigian, gli autori dello studio chiedono di indirizzare i finanziamenti per il clima verso la salute pubblica, spostando risorse dall’economia basata sui combustibili fossili per un futuro a zero emissioni. Come Papa Francesco non manca di ripetere, il mondo non aspetta. Le future generazioni, cui questo verrà consegnato, nemmeno.
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