Volontariato “scomodo”
nelle periferie dimenticate

 Volontariato “scomodo” nelle periferie dimenticate  QUO-244
26 ottobre 2024

Gran parte degli interventi pubblici per il Giubileo «non sono stati investiti e utilizzati per dare dignità agli abitanti più sfortunati, ma per rendere più comodi, belli e sicuri i quartieri bene della Città santa, che santa non può essere se non apre gli occhi sulle povertà diffuse che la popolano». Così l’avvocato Daniele Leppe ha denunciato il «disagio che vivono le periferie» di Roma durante l’incontro di Papa Francesco con l’assemblea diocesana per la conclusione del percorso “(Dis)uguaglianze”.

Un intervento forte quello del professionista, che ha «deciso di restituire ai quartieri» in cui è «nato e cresciuto un po’ della fortuna» che ha avuto, mettendo a disposizione la propria professionalità «per aiutare le persone più semplici, gli ultimi, quei dannati che non sanno di esserlo, gli abitanti dei quartieri popolari, troppo spesso dimenticati, che troppo spesso tornano a essere cittadini come gli altri solo in occasione delle campagne elettorali». La sua collaborazione con associazioni scomode, con problematiche insostenibili «non è tanto giuridica: mi occupo di collegare i fili immaginari fra i poveri diseredati e le Istituzioni, per risolvere problemi che altrove sarebbero semplici, ma che in condizioni di povertà diventano insormontabili».

Nel particolare Leppe ha descritto le criticità di Tor Bella Monaca e Quarticciolo: la prima, nata nei primi anni ‘80, «doveva essere un quartiere modello e, invece, è diventato il terzo carcere a cielo aperto» dell’Urbe, visto che «ci vivono ben 800 persone agli arresti domiciliari» e, ad oggi, non si sa «nemmeno quante persone vi abitino»; il secondo, edificato durante il fascismo, «è rimasto tale e quale a 80 anni fa».

Nel primo quartiere il legale collabora con l’associazione Tor Più Bella, di Tiziana Ronzio, una donna costretta a vivere sotto scorta, «che da sola combatte una lotta senza sconti, e per questo paga lo scotto dell’isolamento umano, contro gli spacciatori, che dispensano morte» in ben 14 piazze di spaccio. «Riceve continue minacce da parte della criminalità organizzata, mentre le Istituzioni non riescono ad andare al di là di una solidarietà formale», ha detto Leppe. Le famiglie sono distrutte dalla droga e dalla povertà e gli spacciatori sono «il primo datore di lavoro, pagano le vedette, i pusher; le famiglie che nascondono la droga nel proprio appartamento, corrompono l’anima dei giovani e privano le persone di un futuro dignitoso». In questa situazione drammatica «di povertà, educativa e alimentare — ha proseguito —, accanto a un tessuto sociale straordinario colpisce, nell’anno giubilare, l’assenza delle Istituzioni, che intervengono solo come forza repressiva e per questo sono viste come nemiche, incapaci di comprendere il disagio e le difficoltà di chi vive nella povertà». E rivolgendosi al Pontefice l’avvocato ha confidato «sembra un altro mondo, siamo a 10 km da San Giovanni, non sembra di essere in un Paese ricco, in una democrazia liberale».

Il relatore ha poi presentato «l’esempio dell’abbandono pubblico» del Quarticciolo, altra nota piazza di spaccio, e «della capacità delle persone di reagire, costruendo una speranza concreta per i più poveri». Qui, dove «gli spacciatori smerciano la loro roba — vendono crack, una sostanza che trasforma i ragazzi che ne fanno uso, in zombie — seduti su comode sedie agli angoli delle strade» Leppe collabora con l’associazione Quarticciolo ribelle, composta da ragazzi e ragazze che, finita l’università, hanno deciso di dedicarsi giorno e notte a questo quartiere, cercando di costruire con l’esempio e con le loro attività un’alternativa alla povertà economica e sociale e all’abbandono del patrimonio pubblico da parte delle Istituzioni, che «costituiscono l’humus ideale per la proliferazione della criminalità».

Qui i ragazzi di Quarticciolo Ribelle hanno organizzato il doposcuola per i bambini, sostenendo le famiglie nei rapporti con i servizi sociali e nei colloqui scolastici e hanno «realizzato una palestra popolare dove i bambini e le bambine sono seguiti, direi accuditi, e tenuti fuori da ambienti malsani». E per le famiglie in difficoltà economica i corsi sono gratuiti.

«Hanno creato, nel deserto, un ambulatorio sociale che interviene laddove lo Stato arretra» ha continuato Leppe, descrivendo come «ovviamente diano fastidio: innanzitutto alla criminalità, che prospera laddove è maggiore il bisogno; ma anche alle Istituzioni. Sono sentinelle attive che denunciano, senza sconti, le loro mancanze, le loro lacune».

Infine il legale ha amaramente constatato quanto «la povertà e l’abbandono siano scomodi» e come sia «più facile costruire una cancellata, un recinto, un ghetto, per occultare la realtà che dare risposte concrete ai bisogni dei poveri».