Merito, meritocrazia
Nel suo intervento del 27 maggio 2017 all’Ilva di Genova, Papa Francesco si è così pronunciato: «la meritocrazia affascina molto perché usa una parola bella: il “merito”; ma siccome la strumentalizza e la usa in modo ideologico, la snatura e perverte. La meritocrazia, al di là della buona fede dei tanti che la invocano, sta diventando una legittimazione etica della diseguaglianza». Il merito, da criterio per la selezione dei talenti e delle capacità si trasforma in un sistema di potere nel momento in cui diviene meritocrazia. Non è difficile passare dalla stratificazione meritocratica al pensiero che gli ultimi abbiano meritato di essere tali e nulla di più; provare per essi pericolosi sentimenti di astio e quasi di ripulsa quasi fossero rifiuti umani, scarti. Alla meritocrazia si associa così, non troppo sotterraneamente, la cultura dello scarto denunciata dal Santo Padre (Evangelii gaudium, 53; anche Oeconomicae et pecuniariae quaestiones, 15).
È necessario distinguere le competenze, comunque acquisite, dal merito personale. Per quanto complesso possa essere misurare e confrontare le competenze, è indubbio che il merito personale sia concetto più sfuggente e, al contempo, più esigente, richiedendo che le competenze siano acquisite mediante sforzo personale (non siano cioè solo frutto di talento naturale) e in condizioni di uguali opportunità sostanziali. Il mercato non appare certamente il miglior giudice del merito. L’apprezzamento del mercato, infatti, comprende rendite dovute alla scarsità (per esempio dei talenti sportivi, o musicali), finendo così per mettere insieme remunerazioni che vanno ben oltre il merito individuale.
In assenza di uguali opportunità, la meritocrazia reale assomiglia molto a un’aristocrazia ereditaria. La promessa della mobilità sociale alimentata dalla meritocrazia, almeno negli Stati Uniti, non è stata mantenuta: «l’aristocrazia del privilegio ereditario ha lasciato il posto a una élite meritocratica che è oggi privilegiata e consolidata come quella che ha sostituito» (Michael Sandel). Come scrive il Santo Padre nella Laudate Deum (32), «si incrementano idee sbagliate sulla cosiddetta “meritocrazia”, che è diventata un “meritato” potere umano a cui tutto deve essere sottoposto, un dominio di coloro che sono nati con migliori condizioni di sviluppo. Un conto è un sano approccio al valore dell’impegno, alla crescita delle proprie capacità e a un lodevole spirito di iniziativa, ma se non si cerca una reale uguaglianza di opportunità, la meritocrazia diventa facilmente un paravento che consolida ulteriormente i privilegi di pochi con maggior potere».
di Andrea Boitani
Docente di economia politica all’Università Cattolica del Sacro Cuore