L’Onu denuncia il preoccupante aumento della violenza in Brasile contro le popolazioni indigene che cercano di difendere la loro terra

Il diritto di esistere

An indigenous man from the Pataxo tribe is seen at the Terra Livre Indigenous camp in Brasilia on ...
18 ottobre 2024

In Brasile, nelle foreste pluviali dove da millenni vivono le comunità indigene, la terra continua a macchiarsi di sangue. Terra che per questi popoli significa vita, storia, identità, sostentamento, sopravvivenza. Negli ultimi mesi i nativi, in particolare negli stati di Bahia, Paraná e Mato Grosso do Sul, stanno subendo «attacchi violenti, anche da parte di attori privati e forze di polizia, che hanno provocato sfollamenti forzati e la tragica morte di diversi membri che difendevano le loro terre». La denuncia arriva dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud America e dalla Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh). In un comunicato congiunto hanno espresso «profonda preoccupazione» per l’aumento delle violazioni contro le popolazioni indigene «che cercano di difendere i loro diritti territoriali».

Secondo un rapporto del Consiglio indigenista missionario, organismo della Conferenza episcopale brasiliana, nel 2023 ogni due giorni è stato assassinato un indigeno, per un totale di 208 persone morte nel Paese. Nel 2024 gli abusi non si sono arrestati, ma anzi la situazione è «aggravata dalla lentezza dei progressi nella demarcazione delle terre indigene e dalla continua incertezza giuridica» ed è «peggiorata dopo l’approvazione della Legge 14.701 da parte della Camera dei Deputati nell’ottobre 2023».

Il provvedimento, meglio conosciuto come Marco temporal (“lasso di tempo”), cambia il criterio di riconoscimento dei territori, impedendo di rivendicare terre dove i popoli nativi non erano presenti alla data del 5 ottobre 1988, quando è entrata in vigore l’attuale costituzione. Si tratta di «una legge — sottolineano Onu e Cidh — che è stata approvata nonostante il veto dell’esecutivo e una precedente decisione della Corte Suprema brasiliana (Stf), che ha dichiarato incostituzionale questa tesi, mentre la decisione finale del Stf sulla sua costituzionalità continua in sospeso». Il rischio è che venga minato il diritto all’esistenza dei popoli indigeni, oltre che la stessa appartenenza all’identità nazionale del Brasile, mentre le loro terre potrebbero diventare preda delle multinazionali del disboscamento, dell’allevamento, dell’estrazione mineraria. Il grido di dolore dei popoli nativi si fonde così con il grido del creato, saccheggiato da quanti agiscono esclusivamente in nome del profitto, e chiede ancora una volta al mondo intero di essere ascoltato. (beatrice guarrera)