Padre Patton visita le comunità di Galilea

Custodire l’uomo
che è tempio di Dio

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14 ottobre 2024

«Non siamo qui solo per custodire le pietre, ma anche l’uomo che è tempio di Dio» spiega padre Francesco Patton, Custode di Terra Santa, che, vincendo ogni possibile timore, ieri mattina ha lasciato Gerusalemme per l’Alta Galilea, dove in tre giorni visiterà tutte le comunità francescane che in queste ore vivono sotto il fuoco incrociato di Hezbollah e di Israele. Mentre padre Francesco racconta il suo viaggio, le sue parole si fanno difficili da comprendere perché il rombo dei cacciabombardieri israeliani che sorvolano il lago si fa più forte. È un rombo diverso da quello degli aerei civili, più intenso, più cupo, lugubre.

Come stanno vivendo le comunità francescane in Terra Santa?

Ho cominciato la mia visita con le comunità più ad est, Cafarnao, Tabga, Magdala. Negli ultimi giorni i frati di qui hanno assistito ad una pioggia di razzi, perlopiù intercettati, provenienti da Libano e Siria. Le schegge di quelli lanciati dal Libano sono cadute a un chilometro soltanto dal nostro convento di Cafarnao. Quelli invece che arrivano dalla Siria, attraversano il Golan, e finiscono nel lago di Tiberiade.

I frati vivono nella paura?

Non mi sono sembrati spaventati, ma certamente sono in apprensione per gli esiti del conflitto. Esiti sempre imprevedibili, perché qui non sai mai, non quello che succede domani, ma quello che può succedere tra mezz’ora. Noi comunque non lasciamo mai i santuari. Siamo stati mandati qui per questo, e siamo sempre rimasti fedeli alla nostra missione da 8 secoli. Stamattina ho ricordato ai miei confratelli come nella prima guerra del 1948, il frate guardiano di Cafarnao di allora passò due settimane nascosto in una buca, mangiando radici e rifiuti lasciati dai belligeranti. La situazione di oggi è niente rispetto ad allora. Abbiamo celebrato la messa tutti insieme, e alla fine mi ha molto colpito che i frati abbiano voluto pregare specialmente per i loro confratelli in Libano, hanno spiegato, non hanno il sistema efficiente di intercettazione dei razzi e dei droni in dotazione all’esercito israeliano e loro rischiano molto più di noi. La Custodia è una grande famiglia transnazionale, per la quale i confini e le lingue non esistono. Anche se devo aggiungere che i nostri frati di origine araba hanno sicuramente le spalle larghe, avendone già passate tante in passato.

Come prosegue il suo viaggio nei prossimi giorni?

Domani mi sposto nella parte centrale della Galilea, Nazareth, il Tabor, Cana. A Nazareth qualche giorno fa la scheggia di un razzo intercettato è caduta nel cortile del nostro convento. Poi mi sposterò più ad Ovest, ad Haifa ed Accri. Sono le zone più colpite in queste ore. Una situazione molto dura la’. Un nostro frate che era uscito dal convento per trovare le ostie si è salvato rifugiandosi sotto ad una galleria mentre tutto intorno cadevano i razzi.

Veramente padre Patton non ha paura?

Guardi, nessuno di noi cerca il martirio. Ma noi teniamo le nostre postazioni (e sorride. Ndr.) se lo fa l’ Unifil a maggior ragione lo facciamo noi. Se chiedo ai nostri frati di rimanere nei loro santuari e con la loro gente, il minimo che posso fare è essere qui con loro.

di Roberto Cetera