Veglia ecumenica di preghiera in Vaticano

La vergogna per lo scandalo della divisione dei cristiani

 La vergogna per lo scandalo della divisione dei cristiani  QUO-232
12 ottobre 2024

«Oggi esprimiamo anche la vergogna per lo scandalo della divisione dei cristiani, lo scandalo di non dare insieme testimonianza al Signore Gesù. Questo Sinodo è un’opportunità per fare meglio, superando i muri che ancora esistono tra noi». Lo afferma Papa Francesco nell’omelia per la Veglia ecumenica di preghiera svoltasi, nella sera di venerdì 11 ottobre, nel piazzale dei Protomartiri Romani in Vaticano. Ecco il testo dell’omelia consegnata dal Pontefice.

«Io ho dato loro la stessa gloria che tu hai dato a me» (Gv 17, 22). Queste parole della preghiera di Gesù prima della Passione, si possono riferire in modo eminente ai martiri, glorificati per la testimonianza resa a Cristo. In questo luogo ricordiamo i Primi Martiri della Chiesa a Roma: sul loro sangue è stata costruita questa basilica, sul loro sangue è stata edificata la Chiesa. Possano questi Martiri rafforzare la nostra certezza che, avvicinandoci a Cristo, ci avviciniamo gli uni agli altri, sostenuti dalla preghiera di tutti i santi delle nostre Chiese, già perfettamente uniti dalla loro partecipazione al Mistero pasquale. Come afferma il Decreto Unitatis redintegratio, di cui ricorre il sessantesimo anniversario, quanto più i cristiani sono vicini a Cristo, tanto più sono vicini tra loro (cfr. n. 7).

In questo giorno, nel quale ricordiamo l’apertura del Concilio Vaticano ii, che ha segnato l’ingresso ufficiale della Chiesa cattolica nel movimento ecumenico, siamo riuniti insieme ai Delegati fraterni, ai nostri fratelli e sorelle delle altre Chiese. Perciò faccio mie le parole che San Giovanni xxiii rivolse agli osservatori all’apertura del Concilio: «La vostra stimata presenza qui, la commozione che abbraccia il mio cuore di sacerdote, di vescovo della Chiesa di Dio […] mi invitano ad affidarvi l’anelito del mio cuore, che arde dal desiderio di lavorare e soffrire per l’avvicinarsi dell’ora in cui si compirà per tutti la preghiera di Cristo nell’Ultima Cena» (13 ottobre 1962). Entriamo in questa preghiera di Gesù, facciamola nostra nello Spirito Santo, accompagnata da quella dei Martiri.

Unità dei cristiani e sinodalità sono collegate. Infatti, se «il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio» (Discorso nel 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015), esso va percorso con tutti i cristiani. «Il cammino della sinodalità […] è e dev’essere ecumenico, così come il cammino ecumenico è sinodale» (Discorso a Sua Santità Mar Awa iii, 19 novembre 2022). In entrambi i processi, si tratta non tanto di costruire qualcosa quanto di accogliere e far fruttare il dono che già abbiamo ricevuto. E come si presenta il dono dell’unità? L’esperienza sinodale ci aiuta a scoprirne alcuni aspetti.

L’unità è una grazia, un dono imprevedibile. Il vero protagonista non siamo noi, ma lo Spirito Santo che ci guida verso una maggiore comunione. Come non sappiamo in anticipo quale sarà l’esito del Sinodo, così non sappiamo esattamente come sarà l’unità a cui siamo chiamati. Il Vangelo ci dice che Gesù, in quella sua grande preghiera, “alzò gli occhi al cielo”: l’unità non è innanzitutto un frutto della terra, ma del Cielo. È un dono di cui non possiamo prevedere i tempi e i modi; dobbiamo riceverlo «senza porre alcun ostacolo alla Provvidenza e senza pregiudicare i futuri suggerimenti dello Spirito Santo», come dice ancora il Decreto conciliare (UR, 24). Padre Paul Couturier soleva dire che l’unità dei cristiani va implorata “come Cristo vuole” e “con i mezzi che Egli vuole”.

Un altro insegnamento che viene dal processo sinodale è che l’unità è un cammino: matura nel movimento, strada facendo. Cresce nel servizio reciproco, nel dialogo della vita, nella collaborazione di tutti i cristiani che «fa emergere più chiaramente il volto di Cristo servitore» (UR, 12). Ma dobbiamo camminare secondo lo Spirito (cfr. Gal 5, 16-25); o, come dice Sant’Ireneo, come tôn adelphôn synodía, “una carovana di fratelli”. L’unione tra i cristiani cresce e matura nel comune pellegrinaggio “al ritmo di Dio”, come i pellegrini di Emmaus accompagnati da Gesù risorto.

Un terzo insegnamento è che l’unità è armonia. Il Sinodo ci sta aiutando a riscoprire la bellezza della Chiesa nella varietà dei suoi volti. Così l’unità non è uniformità, né frutto di compromessi o di equilibrismi. L’unità dei cristiani è armonia nella diversità dei carismi suscitati dallo Spirito per l’edificazione di tutti i cristiani (cfr. UR, 4). L’armonia è la via dello Spirito, perché Egli stesso, come dice San Basilio, è armonia (cfr. Sul Salmo 29, 1). Noi abbiamo bisogno di percorrere il sentiero dell’unità in virtù del nostro amore per Cristo e per tutte le persone che siamo chiamati a servire. Lungo questa via, non lasciamoci mai fermare dalle difficoltà! Abbiamo fiducia nello Spirito Santo, che spinge all’unità in un’armonia di multicolore diversità.

Infine, come la sinodalità, l’unità dei cristiani è necessaria per la loro testimonianza: l’unità è per la missione. «Che tutti siano una cosa sola ... perché il mondo creda» (Gv 17, 21). Questa era la convinzione dei Padri conciliari nell’affermare che la nostra divisione «è di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura» (UR, 1). Il movimento ecumenico è nato dal desiderio di testimoniare insieme, con gli altri e non lontano gli uni dagli altri, o peggio ancora gli uni contro gli altri. In questo luogo i Protomartiri ci ricordano che oggi, in molte parti del mondo, cristiani di diverse tradizioni danno la vita insieme per la fede in Gesù Cristo, vivendo l’ecumenismo del sangue. La loro testimonianza è più forte di qualsiasi parola, perché l’unità viene dalla Croce del Signore.

Prima di cominciare questa Assemblea, abbiamo avuto una Celebrazione penitenziale. Oggi esprimiamo anche la vergogna per lo scandalo della divisione dei cristiani, lo scandalo di non dare insieme testimonianza al Signore Gesù. Questo Sinodo è un’opportunità per fare meglio, superando i muri che ancora esistono tra noi. Concentriamoci sul terreno comune del nostro comune Battesimo, che ci spinge a diventare discepoli missionari di Cristo, con una comune missione. Il mondo ha bisogno di una testimonianza comune, il mondo ha bisogno che siamo fedeli alla nostra comune missione.

Cari fratelli e sorelle, davanti al Crocifisso San Francesco d’Assisi ha ricevuto la chiamata a restaurare la Chiesa. La Croce di Cristo guidi anche noi, ogni giorno, nel cammino verso la piena unità, nell’armonia tra di noi e con tutta la creazione, «perché piacque a Dio di far abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli» (Col 1, 19-20).