«O Maria, Madre nostra, siamo nuovamente qui davanti a te. Tu conosci i dolori e le fatiche che in quest’ora appesantiscono il nostro cuore. Noi alziamo lo sguardo a te, ci immergiamo nei tuoi occhi e ci affidiamo al tuo cuore». Con queste parole pronunciate al termine della preghiera del Rosario, nella Basilica papale di Santa Maria Maggiore, Papa Francesco rivolgeva la Sua accorata supplica alla Salus Populi Romani per chiedere il dono della pace soprattutto in quei luoghi in cui la guerra miete vittime e genera sofferenze indescrivibili.
Pensando alla storia dell’umanità, si può notare che, oltre allo sviluppo, alla crescita e al progresso, vi sono anche lotte, divisioni e guerre che sempre hanno segnato e scavato un solco profondo nel cammino di generazioni, hanno insanguinato la dignità e la libertà di uomini e donne, di giovani e bambini. La guerra non è mai, né mai lo sarà, una soluzione ai problemi dei popoli, alle divergenze di opinioni o di pensiero dei loro governanti, o al benessere delle Nazioni. Al contrario porta distruzione, semina odio e violenza.
A tale riguardo Papa Benedetto xv rivolgendosi ai capi dei popoli belligeranti durante il primo conflitto mondiale dichiarava che la guerra è una inutile strage, e che occorre cercare una pace giusta e duratura. Papa Francesco ci ha invitato ancora una volta a guardare a Maria, soprattutto nei momenti difficili perché proprio Lei per prima ha sostenuto le prove e gli umani timori che la vita le ha riservato. Maria ha affrontato tutto con coraggio e audacia, senza mai perdere la speranza e la consapevolezza che Dio era accanto a Lei.
Anche noi dovremmo essere coscienti che Dio è sempre con noi: è la promessa fatta agli Apostoli «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20). Questa consapevolezza ora deve rianimare la nostra fede e la nostra speranza. Dio continua lungo il percorso della storia, nonostante le contraddizioni che sembrano far pensare la sua lontananza, ad essere a noi vicino, il suo amore sorregge la nostra vita.
Maria ha risposto con prontezza e con amore affidandosi e fidandosi totalmente di Dio. Le sue mani sono le uniche certe, le uniche che ci accolgono, le uniche che ci proteggono. Anche l’uomo di oggi preferisce alle sue mani le armi, strumenti di attacco o di difesa che esasperano le vite dei più deboli, dei più indifesi, dei più vulnerabili. Maria, ha ricordato ancora il Papa, come intrepida donna della carità in fretta si è recata dalla parente Elisabetta per portare conforto e consolazione.
Oggi il mondo ha bisogno di questa stessa fretta, che non è frettolosità. Chi vive situazioni di disperazione deve essere consolato e sorretto. Nel contesto odierno è nostra responsabilità far sì che arrivi la speranza dove l’odio sembra aver preso il sopravvento, dove la morte sembra aver sovrastato la vita.
La speranza non muore e non deve morire, neanche difronte alle atrocità di cui l’uomo, per il suo tornaconto o interesse, è capace. Maria sul Calvario immobile, ha trasformato il dolore più terribile per una madre, vedere un figlio morire, in aurora di speranza.
Dinnanzi all’Icona della Salus Populi Romani, il Santo Padre ha offerto un bouquet di dodici rose bianche, simbolo della purezza, del candore, dell’amore e dell’amicizia, e un cero simbolo della luce che illumina e riscalda. A deporli ai piedi della Madonna sono stati due giovanissimi ragazzi segno di speranza per il futuro dell’umanità.
Cosa manca oggi alla società, alle nazioni, al mondo? Manca l’umiltà. Questo genera solo soprusi e prepotenze verso il genere umano, verso i popoli, verso i propri simili, verso i propri fratelli e sorelle. L’uomo di oggi ha dimenticato cosa vuol dire pazienza, ha dimenticato cosa vuol dire benevolenza, ha dimenticato cosa sia la gioia di vivere le cose semplici e si è concentrato solo sui suoi desideri, sul possedere e l’avere, scavando una fossa sempre più profonda dove rischia di cadere da solo.
Per comprendere cosa sia l’umiltà può essere d’aiuto Romano Guardini, il quale diceva che «non è facile parlare dell’umiltà; per poterlo fare bisogna penetrare attraverso un muro di incomprensione e di resistenza — dappertutto e in ogni tempo, e anche nel nostro cuore. Nietzsche s’è fatto portavoce del pensiero di molti quando egli attaccò con vero e proprio furore l’umiltà, nella quale egli vedeva l’essenza del cristianesimo: e cioè, nella sua opinione, l’atteggiamento dei deboli, dei falliti, degli schiavi che avevano fatto una virtù della loro meschinità. Ma che cos’è in realtà l’umiltà? Essa è una virtù che fa parte della fortezza. Soltanto colui che è forte può essere realmente umile. La sua forza non si piega alla costrizione, ma si inchina liberamente, nel servizio reso verso colui che è più debole, che è inferiore. L’umiltà non può del resto avere la sua origine nell’uomo, bensì in Dio. È lui il primo umile. Egli è talmente grande, talmente al di fuori di ogni possibilità che una qualsiasi potenza lo possa costringere, che egli può “permettersi” — se ci è concesso di esprimerci in questo modo — di essere umile. La grandezza gli è essenziale; soltanto lui può dunque rischiare di abbassare questa sua grandezza sino all’umiltà».
L’uomo moderno ha conquistato tanto, ma ha smarrito la via che conduce alla gioia. I potenti pensano di poter risolvere tutto con atti di forza o azioni speciali. L’uomo contemporaneo si illude di poter calpestare chiunque ostacoli i propri piani, desideri e capricci. Assistiamo da troppo tempo a questi atti meschini e subdoli in cui il proprio ego calpesta senza pietà la dignità e la vita altrui. Dio resiste ai superbi, ai prepotenti, agli arroganti, ma dona la grazia agli umili. In questo cammino così tortuoso e difficile, se desideriamo ritrovare la pace, dobbiamo riscoprire la via dell’umiltà. Il mondo ha bisogno d’imparare a saper disinnescare le micce dell’autodeterminazione, deve evitare con tutte le forze che ogni desiderio si trasformi in una lotta per la supremazia.
Maria è l’esempio da seguire, la sua disponibilità all’agire di Dio ha mutato per sempre la sorte dell’uomo riaccendendo in esso la speranza dell’amore. Il racconto dell’annunciazione si conclude con le parole: «nulla è impossibile a Dio». Gridiamo con forza al mondo che tutto può essere possibile per chi crede, e noi crediamo che Dio è amore, misericordia, compassione, mitezza, umiltà e pace. O Maria allontana i mali della guerra, dell’odio e della violenza che stanno segnando profondamente il cuore dell’umanità, infondi in noi il desiderio della pace e aiutaci a costruire ponti di amore anziché muri di morte.
di Rolandas Makrickas
Cardinale eletto, Arciprete coadiutore di Santa Maria Maggiore