«La malattia del nostro tempo è 1a superiorità», scriveva un famoso romanziere francese (Honoré de Balzac). Una malattia di cui soffrivano i due discepoli di Gesù (Vangelo).
Che vogliono prevalere sugli altri. E un po' tutti, credo, abbiamo visto nella vita che cosa si è pronti a fare per la carriera o per il successo!
Ha scritto giustamente qualcuno: «Al mondo non ci sono che due modi di far carriera: o grazie alla propria ingegnosità, o grazie all’imbecillità altrui» (Jean de La Bruyére).
Si è capaci di vendere non solo l’anima, ma anche di tradire gli affetti più cari. Si nega la verità, e si calpesta la dignità. E tutto questo per ottenere una carica, per esercitare un piccolo potere, per essere insigniti di una onorificenza. E questo accade in tutti gli ambienti, anche in quelli religiosi, dove la libertà di spirito e il distacco dalle cose e dalla superbia dovrebbero essere legge di vita.
Avete sentito la risposta di Gesù a quei due discepoli: un insegnamento valido per tutti i tempi! Gesù intende far cambiare mentalità, convertire la libidine del potere in gioia di scomparire, di servire, di abbassarsi, di umiliarsi.
Risuonano le parole di Paolo vi all’onu: «…Nessuno sia superiore agli altri… Non l’uno sopra l’altro… Non si può essere fratelli, se non si è umili. Ed è l’orgoglio che provoca le tensioni e le lotte del prestigio, del predominio, dell’egoismo. Non gli uni contro gli altri, non più, non mai! Ma gli uni per gli altri!».
Un cristiano, che si sforza di seguire il Vangelo, sarà contento soltanto quando proverà la gioia di chi è riuscito a farsi strada guadagnando l’ultimo posto!
di Leonardo Sapienza
Il Vangelo in tasca
Domenica 20 ottobre, XXIX del Tempo ordinario
Prima lettura: Is 53, 2.3.10-11;
Salmo: 32
Seconda lettura: Eb 4, 14-16;
Vangelo: Mc 10, 35-45.